futuro
agg. e s. m. [dal lat. futurus, part. futuro di esse «essere»]. – 1. agg. Che sarà o verrà in seguito; che, rispetto al presente, deve ancora avvenire: i secoli f.; la vita f. (in partic., quella dopo la morte, l’oltretomba); Ch’una favilla sol de la tua gloria Possa lasciare a la f. gente (Dante); quando vaghe di lusinghe innanzi A me non danzeran l’ore f. (Foscolo); il dì futuro Del dì presente più noioso e tetro (Leopardi). Riferito a persona: il f. direttore, la sua f. sposa, ecc., che, cioè, tale sarà o si pensa che debba essere in seguito (con il sign. di «futuro sposo», talora sostantivato al masch., ma solo in usi scherz. o iron.: che cosa ne dice il tuo futuro?). 2. s. m. Il tempo che verrà o gli avvenimenti che in esso si succederanno: prevedere, indovinare, predire il f.; leggere nel f.; pensare al f.; l’incertezza del f.; speranze per il f., ecc.; locuz. avv. in futuro, nel tempo avvenire. 3. agg. e s. m. In grammatica, tempo f., o assol. futuro, categoria del verbo che indica l’azione in quanto si deve svolgere nel futuro (appartiene quindi alle distinzioni temporali del verbo, non a quelle dell’aspetto); può appartenere a varî modi, per cui si ha, in alcune lingue, un indicativo f., un imperativo f., un infinito f., un participio f.; in italiano esiste soltanto il futuro dell’indicativo, detto anche f. semplice (in quanto formato, nell’attivo, di una sola parola: io farò, io andrò), per distinzione dal f. anteriore, tempo composto, che rappresenta anch’esso un’azione futura, ma passata rispetto a un’altra futura (avrò fatto, sarò andato). Sotto l’aspetto morfologico, il futuro italiano proviene da una precedente forma perifrastica del latino volgare: darò da dare habeo; in varie lingue, invece, la perifrasi è ancora presente: così in tedesco, dove si ricorre all’ausiliare werden «divenire», o in inglese, dove si utilizza shall «dovere» e will «volere».