fuori
fuòri (pop. fòri e fòra; ant. e poet. fuòra; ant. fòre e fuòre) avv. e prep. [lat. fŏris, fŏras]. – 1. avv. a. Nella parte esterna, esternamente, rispetto a un luogo, a un ingresso, o anche, parlando di cose, rispetto a un qualsiasi contenitore (contr. di dentro); si unisce con verbi di quiete e di moto: essere, stare, restare f.; lasciare f. (una persona, un animale, un oggetto); andare, scappare, cacciare f. (ma cacciar f. i quattrini, sborsarli di malavoglia o perché costretti); c’è f. un tale che cerca di te; vieni f., se hai coraggio!; pleonastico: uscir f., cavar f., estrarre f., versare f., ecc. In parecchie espressioni s’intende fuori di casa: sono stato f. tutto il giorno; debbo andar f. di nuovo; pranzare, cenare fuori. In usi assol. (per ellissi del verbo) e in funzione interiettiva, intimazione di uscire da un luogo (fuori!, e più energicamente f. di qui!) o anche, sottintendendo un verbo, di consegnare o mostrare qualche cosa: f. i quattrini!; f. le prove!; in teatro, fuori!, grido degli spettatori che invitano l’attore a presentarsi alla ribalta per essere applaudito (o fischiato); analogamente, f. l’autore!; nel pugilato, f. i secondi!, ordine dato dall’arbitro poco prima dell’inizio di una ripresa perché i secondi (cioè gli assistenti dei due pugili) lascino il quadrato; fuori! è anche comando per rendere esecutivo il lancio di un siluro. b. Preceduto dalla prep. di: aspettami di f.; ho pulito i vetri di dentro e di f.; andar di f., versarsi da un recipiente, tracimare (detto di solito di un liquido in ebollizione); venire di f. (anche da f.), da altre città, da paesi esteri; anche in funzione attributiva: ascoltare il suono delle voci di f.; gente di f., forestieri; come locuz. nominale, il di f., l’esterno: il di f. del palazzo; guardare, osservare dal di f.; badare al di f., fig., all’apparenza. c. Preceduto dalla prep. in, soprattutto con i verbi spingere, sporgere, aggettare e sim., verso l’esterno: un balcone che sporge in f. di quasi 2 metri; tenere il petto in f.; avere gli occhi, i denti in f., sporgenti; con altro senso, in f., eccetto, salvo: da loro in f. non ne conosco altri (v. anche, per l’uno e l’altro sign., infuori). d. Locuzioni con sign. particolari: avere f., parlando di denari, averli dati in prestito, o impegnati in qualche affare, o comunque doverli riscuotere; buttar f., fam. e region., vomitare; chiamarsi f., nel gioco (spec. delle carte), dichiararsi vincitore prima che il gioco sia finito per aver superato il punteggio fissato; dare f., render noto, pubblicare (o anche vomitare); essere f., esser libero o essersi liberato da un impegno, da una seccatura, non avere o non aver più parte in un affare, in una società, e in genere essere estraneo a qualche cosa (nel gioco, aver raggiunto i punti necessarî per vincere); far f., uccidere una persona per rappresaglia o più genericam. uccidere (in origine, far sparire qualcuno uccidendolo poi segretamente, per vendetta politica; la locuz., diffusasi durante la 2a guerra mondiale, si è prob. svolta dal sign., tuttora in uso, di sottrarre con furto, con raggiri o con altro metodo illegale); lasciare f., omettere, non includere fra altri o fra altre cose (in senso proprio, non riporre qualche oggetto che di solito si tiene rinchiuso); mettere f., con varî sign.: mettere f. un oggetto, esporlo; metter f. una notizia, diffonderla; metter f. denaro, sborsarlo; metter f. un’idea, manifestarla (fam., con senso sim., sputar f.: sputa f. ciò che pensi, quel che hai da dire, ecc.); restare o rimanere f. (oltre al sign. proprio), non esser compreso in un elenco, in un gruppo e sim.; tagliare f., separare da un gruppo, soprattutto nel passivo, esser tagliato f., di reparto militare che in un’operazione bellica rimane separato dal corpo di cui fa parte (ma anche, con usi estens., di una località o di persone che per varî motivi rimangono isolati, ecc.; o in senso fig., essere eliminato, perdere la possibilità di riuscire in una competizione: essere tagliato fuori dalla lotta per i primi posti, dalla corsa alla presidenza); tirare f., con sign. simili a mettere f. (ma espressi più efficacemente), e inoltre esprimere idee strane, strampalate, ricordare cose vecchie e dimenticate, ecc. (oltre al sign. proprio di estrarre: tirar f. la spada, il portafoglio, ecc.); venir f., in senso proprio, uscire; di notizia, esser reso noto, venirsi a sapere; riferito a persona, venir f. (o anche saltare, scappare f.) con una trovata, con una frase, una pretesa, una battuta di spirito, ecc., dire improvvisamente cosa inattesa o, in qualche caso, inopportuna. Fuor fuori (ant. fuor fuora), non com., da parte a parte, in frasi come passare, trapassare, ferire fuor fuori (con un’arma): ogni sua botta avrebbe potuto passar fuor fuora il nemico (D’Annunzio). Per la locuz. prepositiva fuori che o fuor che, v. fuorché. 2. Come prep. si unisce al sostantivo direttamente (soprattutto in locuz. particolari) o mediante la prep. di (meno spesso da): f. d’Italia, f. della stanza, f. città; cader f. di (o dalla) tasca; f. da un locale; essere f. di casa, anche nel sign. di essere sprovvisto di alloggio, ospitato in casa d’altri, oppure separato dal nucleo familiare; giocare f. casa, riferito a squadre di calcio, di pallacanestro, ecc., nel campo avversario, in trasferta; abitare f. (di) porta, nei sobborghi della città; fare una gita f. porta, fuori città. In parecchi casi indica piuttosto lontananza: essere, andare f. strada (anche in senso fig., con riferimento a deviazioni morali, a ragionamenti, induzioni, attribuzioni o sospetti erronei, ecc.); essere f. posto, di persona che si trova momentaneamente assente dal suo ufficio, dalla sede di lavoro; di cosa, più com. f. di posto, cioè non al posto suo, nella sua esatta collocazione o inserzione, contr. di a posto (in usi fig., f. posto, in modo o luogo o tempo inopportuni, a sproposito: fare una cosa f. posto, intervenire f. posto; con altro senso, avere il cervello f. posto, ragionare male, a vanvera, in modo poco assennato); f. vista o f. della vista, in luogo dove non si può esser veduti. In espressioni fig.: mettersi f. della legge; rimanere fuori dalla logica corporativa; vivere f. della società, f. del proprio tempo; dichiarare f. pericolo, ecc. Con riferimento al tempo: essere f. dell’inverno; frutti f. (di) stagione; lavorare f. orario; mangiare f. pasto o f. dei pasti, ecc. Locuz. particolari: f. campo, nella terminologia cinematografica, di voce o suono provenienti da persone o cose che non si vedono sulla scena; f. commercio o fuor di commercio, anche con valore aggettivale, di articolo (e in partic. di edizione di un’opera) che non è in vendita; fuor di dubbio, con certezza, sicuramente; f. luogo, con valore aggettivale e in senso fig., di azione, intervento, discorso, ecc. inopportuni; f. mano o fuori di mano, per lo più con valore aggettivale, anche in grafia unita (v. fuorimano); con altro senso, essere, andare f. mano (ma più com. contro mano), di veicolo che non tenga su strada la mano prescritta, proceda cioè (in Italia) spostato sulla sinistra; fuor di modo, fuor di misura, locuz. avv., eccessivamente, straordinariamente; fuor di proposito, a sproposito, in momento inadatto; esser f. di sé, non capire più nulla, non avere perfetta coscienza dei proprî atti (per delirio, febbre, ecc.), o essere in stato di grande eccitazione (per rabbia, furore, oppure per grande gioia o dolore, ecc.); andare f. (di) tempo, nell’esecuzione musicale o nella danza, non seguire il ritmo; anche fig., con valore avv. o agg., (in momento) inopportuno: agire, intervenire f. tempo; potrei fors’anche, con un tentativo fuor di tempo, peggiorar la condizione di questa poveretta (Manzoni); f. uso, di vocaboli e oggetti disusati, antiquati, e di congegni, meccanismi, ecc., anche resi inservibili per guasto, rottura o altro: un’espressione f. uso; il mio telefono è f. uso. Per altre locuz., come f. combattimento, f. concorso, f. giri, f. limite, f. pagina, f. quadro, f. servizio, f. tempo massimo, f. testo, f. tiro, ecc., v. sotto i singoli sostantivi; qui di seguito sono inoltre registrate con proprio lemma quelle locuz. che, soprattutto perché usate anche con valore di agg. o di sost., sono spesso scritte con grafia unita.