forno
fórno s. m. [lat. fŭrnus, affine a formus «caldo»]. – 1. a. Costruzione in muratura a volta, con apertura semicircolare o rettangolare (detta bocca), che viene scaldata con fascine accese o elettricamente (rispettivam., forno a legna e f. elettrico), per cuocervi il pane, dolci o altri cibi: accendere, scaldare, spegnere il f.; mettere il pane in f., levarlo dal forno. b. estens. La bottega del fornaio, in cui si cuoce e si vende il pane: il f. delle grucce (Manzoni, Pr. Sp., cap. XII), contro il quale si accanisce la folla nel tumulto di Milano; aprire un nuovo forno. c. La quantità di pane o d’altro che si cuoce in una volta nel forno: il primo f. è stato venduto in meno di un’ora; o l’infornata: bisogna fare tre f. al giorno. 2. Parte di una cucina a carbone, a legna, a gas o elettrica che serve per la cottura dei dolci (più raram. del pane, dato lo spazio ristretto) e di pietanze diverse: scaldare il f., regolare il calore del f.; agnello, vitello, lasagne al f. (meno com. in forno); polli cotti al f. o in forno. Ha la stessa funzione il f. da campagna, costituito da una specie di grande teglia di ferro, lamiera o alluminio con coperchio, che viene posta sopra un comune fornello. Per il f. a microonde, v. microonda. 3. Ambiente nel quale, con diversi sistemi (combustione, passaggio di corrente elettrica, ecc.) è prodotto calore con lo scopo di riscaldare il materiale in esso caricato fino a raggiungere un prefissato valore della temperatura, così da determinare nel materiale opportune trasformazioni fisico-chimiche (essiccazione, fusione, vaporizzazione, ecc.). I forni possono essere a funzionamento continuo, quando il materiale è caricato e scaricato in modo continuo da parti diverse e percorre quindi tutto il forno; o a funzionamento intermittente, quando la carica è introdotta in una sola volta, poi trattata in modo uniforme e quindi scaricata. Vengono classificati secondo lo scopo cui sono destinati, e cioè: per fusione, usati soprattutto in metallurgia e nell’industria vetraria, per trattamenti termici e per riscaldamento, per trasformazioni fisiche o chimiche (non accompagnate da fusione), quali la distillazione dei carboni, la calcinazione dei calcari, ecc.; ma il criterio di classificazione più diffusamente adottato riguarda la forma di energia adoperata: f. a combustibile o a combustione, f. elettrico, f. solare, ecc.; in partic., f. a energia nucleare, atto a sfruttare il calore prodotto da reazioni nucleari (attualmente allo studio per lo sfruttamento a usi metallurgici, per la raffinazione del petrolio, ecc.), e f. a recupero, sostanzialmente costituito da uno scambiatore di calore. In altri casi, il forno si denomina dal nome dell’inventore o di un industriale: forno Hoffmann ‹hòfman› (dall’industriale ted. F. Hoffmann, 1818-1900), forno continuo per la cottura dei laterizî, in cui il materiale da cuocere è fisso e il fuoco mobile, differenziandosi dal f. a canale (o a tunnel) in cui il materiale è mobile e il fuoco fisso; forno Martin-Siemens ‹martẽ′ Sìimëns› (dai nomi dell’industriale ted. F. Siemens, 1826-1904, iniziatore del processo, e dell’inventore fr. P.-É. Martin, 1824-1915, che lo utilizzò), formato da una camera a base rettangolare, di materiale refrattario: il calore sviluppato dalla combustione di prodotti gassosi o liquidi (metano o nafta) scalda le pareti e la volta della camera, le quali irradiano il calore ricevuto sul materiale contenuto nella camera stessa (per tale ragione viene anche denominato f. a riverbero); è particolarmente usato per la produzione di acciaio, mediante la fusione di ghisa e rottami di ferro. Per l’alto f., v. altoforno; per il f. crematorio, v. crematorio, n. 1. 4. In terapia, nome di varî apparecchi usati per la cura di alcune malattie (gotta, obesità, artropatie croniche, sciatica, ecc.), diversi per forma e dimensioni, adattabili al corpo o alle parti di esso che devono essere curate, rivestiti internamente di lampade elettriche con le quali si può raggiungere, senza pericolo di incidenti, la temperatura di 100-120 °C; per estens., soprattutto al plur., la terapia stessa e le singole applicazioni: fare i f.; prescrivere dieci forni. 5. fig. a. In similitudini e come termine di confronto, detto di ambiente con temperatura assai calda e aria irrespirabile: è un f. questa macchina lasciata al sole!; l’appartamento ... era diventato un forno. Mi sembrava di sentire i muri che scricchiolavano, si disgregavano lentamente sotto la pressione del caldo (Andrea De Carlo). b. Con allusione scherz. all’ampia apertura dei forni per il pane: ha una bocca che pare un f.; quindi, forno, la bocca stessa quando sia assai larga: guarda che f.!; quando sbadiglia, spalanca un f. che non vi dico! c. Nel gergo teatrale, la sala del teatro quando all’inizio della rappresentazione appare semivuota, e per estens. anche di altre sale di spettacolo, di concerto, o di conferenze: è stato un f., iersera!; analogam., il teatro ha fatto forno, c’è stata scarsa affluenza di pubblico. 6. Nel Cadore, nome con cui sono indicate le caverne. Dim. fornèllo, fornétto, con accezioni partic. (v. le voci).