forbice
fòrbice s. f. [lat. fŏrfex -fĭcis]. – 1. a. Per lo più al plur., le forbici, un paio di forbici (ant. e region. al sing.), utensile d’acciaio per tagliare, costituito da due lame terminanti a punta a un estremo, incrociate e collegate da un perno; ciascuna lama agisce come una leva di primo genere, e il perno funge da fulcro; per facilitarne l’uso, sono provviste, all’altro estremo, di anelli nei quali s’introducono il pollice e il medio della mano (le parti comprese tra il perno e gli anelli si chiamano branche). Oltre a quelle più comuni per i normali usi domestici, di negozio, d’ufficio, si hanno forbici speciali, di forma e d’impiego svariati: f. da toletta (piccole, a punte diritte o ricurve, talvolta con branche pieghevoli per riparo delle punte), da parrucchiere, da sarto, da cartolaio, da giardiniere, da chirurgo, ecc. b. Locuzioni fig.: adoperare le f., e più espressivamente lavorare di forbici, operare larghi tagli in uno scritto (quindi, comunem., le f. della censura); colpo di f., il taglio stesso; fatto con le f., di articolo di giornale o altro scritto messo insieme attingendo la materia da altre pubblicazioni; con riferimento a persona maledica: ha una lingua che taglia come le f.; guai a cadere sotto le sue forbici! In zootecnia, fare le f., sinon. di gangheggiare (v.) o batter la mano. 2. Usi estens., al plur.: a. pop. Le chele di animali come gamberi, granchi, scorpioni, ecc. b. non com. Forfecchia, forficola. c. Nell’attrezzatura navale, dispositivo fisso a forma di forbici, dove si legano le estremità delle manovre correnti, sinon. di tenaglie. Anticam., sulle galee, i due archi principali dell’armatura che formava sul ponte la camera di poppa. 3. Usi estens., al sing.: a. Nelle opere di fortificazione, tipo di baluardo collocato davanti alla cortina, costituito da due muri aperti verso la campagna. b. Tattica militare degli antichi Romani consistente nel ritirare le schiere al centro facendo divergere le ali, in modo da ricevere e stringere il nemico quando questo avanzava all’assalto con schieramento a cuneo. 4. Usi fig., con riferimento alla forma o al movimento tipici delle forbici, al sing. o al plur.: a. Nel linguaggio sport., forbici o anche forbice, movimento compiuto rapidamente dalle gambe di un atleta nel salto in alto, che ricorda, per l’alzarsi dell’una e l’abbassarsi dell’altra, l’aprirsi e il chiudersi delle forbici; in alcuni tipi di lotta, nome di particolari colpi per far cadere l’avversario; nel calcio e nel nuoto, lo stesso, ma meno com., che sforbiciata. In alpinismo, salita con doppia corda a forbice (in contrapp. a quella con doppia corda a corde parallele), tipo di salita adottata in scalate particolarmente impegnative e nell’arrampicata artificiale, in cui il capocordata si lega a metà della corda di arrampicata o al capo di due corde distinte (assicurazione a forbice), per poter essere assicurato contemporaneamente da ambedue i compagni di cordata: le due corde scorrono alternativamente, incrociandosi «a forbice», in due file parallele di moschettoni. b. Nel linguaggio econ., forbice dei prezzi, differenza tra i prezzi all’ingrosso e quelli al minuto, che può crescere o diminuire con conseguente maggior apertura o chiusura della forbice stessa; andamento a forbice, l’aumento dei prezzi al minuto contemporaneo alla caduta dei prezzi all’ingrosso. ◆ Gli alterati si usano solo nel senso proprio e quasi sempre al plur.: dim. forbicétte, forbicine (ma v. forbicina); accr. forbicióna f. e forbicióni m. (ma v. forbicione); pegg. forbiciàccia o forbiciàcce.