flemma
flèmma s. f. [dal lat. tardo phlegma (neutro), gr. ϕλέγμα, der. di ϕλέγω «ardere, essere infiammato»]. – 1. Nell’antica dottrina umorale, uno dei quattro umori fondamentali dei quali si credevano costituiti gli organismi (sangue, bile, atrabile e flemma): era l’umore freddo, detto anche pituita, che proveniva dal cervello, e la sua prevalenza nei confronti degli altri tre umori era alla base del cosiddetto «temperamento flemmatico». 2. Con uso fig., nel linguaggio com., lentezza, calma, scarsa emotività: lavorare, avanzare, procedere con f.; conservare la f.; ragionava con la sua solita f.; è un uomo tutto f.; la tradizionale, o proverbiale, f. britannica; un pochino di f., un pochino di prudenza, un pochino di carità, mi pare che possa stare anche con la santità (Manzoni). 3. In chimica: a. Nome dato in passato al liquido idroalcolico ottenuto distillando il vino per mezzo di alambicchi semplici, che conteneva, oltre a prodotti volatili, fino al 50% di alcole etilico ed era pertanto suscettibile di ulteriore rettifica. b. Olio di flemma: miscela di varî isomeri dell’alcole amilico e di altri alcoli (propilico, butilico, esilico, ecc.) ottenuti come sottoprodotti nella fermentazione alcolica dell’amido e degli zuccheri; è un liquido volatile, incolore o giallastro, di odore sgradevole, largamente usato per ricavarne gli alcoli amilici in esso presenti, come solvente per olî, grassi, resine, cere, nella preparazione di gomme, vernici, materie plastiche, ecc.; alcune qualità dall’aroma gradevole (provenienti dalla fermentazione di cereali) si usano nella preparazione del whisky. ◆ Pegg. flemmàccia (nel sign. fig.).