feudo
fèudo s. m. [dal lat. mediev. feudum, di etimologia discussa, attestato dapprima (sec. 9°) nelle forme feus, feum (da cui anche il corrispondente fr. fief), che risalgono prob. a un franco *fehu «possesso, bestiame»; la parola compare per la prima volta in Italia nella forma feo in un documento lucchese della metà del sec. 10°]. – 1. a. Istituto del mondo medievale, che ha dato nome a un’epoca della storia dell’Europa occid. e ha esercitato la sua influenza fino a tutto il sec. 18° (in qualche regione italiana, come la Sardegna, anche oltre), e che, nella sua essenza, può definirsi come una proprietà privilegiata: concedere, dare, avere in f. un territorio; f. ecclesiastico, secolare. Considerato nella sua struttura giuridica, il feudo risulta formato dall’unione di due elementi: uno personale, consistente nell’atto mediante il quale un uomo libero si sottopone a un altro promettendogli fedeltà e ricevendone in cambio la promessa di protezione; e uno reale (detto beneficio), consistente nella concessione gratuita e revocabile di una terra, in aggiunta alla promessa di protezione; si aggiungeva poi un terzo elemento, cioè l’affrancazione (detta immunità) da oneri pubblici delle terre concesse. b. Il territorio stesso su cui il feudatario esercita la giurisdizione: gli abitanti del f.; i confini del feudo. 2. fig. a. Grande possesso terriero: i f. dei baroni calabresi; scherz., tutti i miei f. si riducono a un ettaro di terra. b. Nella polemica politica, centro di potere su cui è riservato il controllo di un partito, di un gruppo o di un personaggio; anche, circoscrizione elettorale su cui un parlamentare ha incontrastato dominio. In senso più generico, e talora scherz., luogo, ambiente, o anche ufficio, attività, di cui uno dispone o pretende di disporre in modo assoluto. 3. Stipendio dei pubblici ufficiali, nei comuni medievali italiani.