eterocentrato
agg. Centrato su come la propria immagine appare agli occhi degli altri. ◆ i nostri disturbi alimentari sono causati, secondo [René] Girard: «Dal desiderio mimetico che punta alla magrezza assoluta dell’essere splendente di qualcun altro che è sempre nei nostri occhi, mentre noi stessi non lo siamo mai, perlomeno ai nostri occhi. Comprendere il desiderio significa comprendere che il suo essere autocentrato è indistinguibile dal suo essere eterocentrato», per cui l’anoressica-bulimica che al termine di un pranzo al ristorante va in bagno a vomitare il gran piatto di spaghetti che ha appena finito di mangiare, dichiarandolo come se andasse a mettersi un po’ di rossetto, mangia per se stessa, questo è certo, ma vomita per gli altri, per tutte quelle donne che si osservano reciprocamente il punto-vita. (Umberto Galimberti, Repubblica, 27 luglio 1999, p. 34, Cultura) • A immaginarselo, l’uomo estivo 2006 non è proprio niente male: attento al politicamente corretto ma senza il grigiore e la prevedibilità che ne consegue, più virilmente eterocentrato ma non per questo forforoso e impresentabile, più dolce e sentimentale ma nemmeno ingestibile mammone mediterraneo. Cosa desiderare di più? Solo sperare, forse, che, se esiste, quest’uomo non sia come la moda, un articolo stagionale. (Alberta Marzotto, Repubblica, 19 giugno 2006, Affari & Finanza, p. 30).
Composto dal confisso etero- aggiunto al p. pass. e agg. centrato.
Già attestato nella Repubblica del 18 novembre 1986, p. 57, Economia.
V. anche autocentrato.