estremita
estremità s. f. [dal lat. extremĭtas -atis, der. di extremus «estremo»]. – 1. Il punto o la parte estremi, il luogo dove una cosa ha termine: l’e. di una lancia, l’e. delle dita, l’e. di una fune. Nella costruzione navale, indica sia i punti estremi delle strutture di prora e di poppa (lunghezza fuori tutto), sia i punti estremi del piano di galleggiamento della nave (lunghezza fra le perpendicolari). 2. a. In biologia, usato assol., le e., gli arti del corpo dei vertebrati tetrapodi, che nei varî gruppi acquistano forme diverse a seconda della funzione che sono destinate a compiere (mani e piedi nei primati, ali negli uccelli, pinne nei cetacei, ecc.). b. Nell’uso com., le e., le mani e più spec. (con lieve eufemismo) i piedi dell’uomo: sento freddo alle e.; più raram., gli interi arti superiori o inferiori, cioè le braccia e le gambe. c. In araldica, denominazione che comprende i rostri, le lingue, i denti, gli artigli, le corna, le code degli animali. 3. Con sign. astratto, fine, termine: a l’estremitade de la vita (Dante); meno spesso, eccesso, estremo: passare da un’e. all’altra (assai più com. da un estremo all’altro); succedere all’e. de’ mali un avviamento al bene (Beccaria); non c’è bisogno di dire che Federigo non ristringeva le sue cure a queste e. di patimenti (Manzoni). 4. ant. Miseria, condizione di estremo bisogno: tolga Iddio che voi in sì fatta e. venuto siate (Boccaccio).