esitare¹ /ezi'tare/ v. intr. [dal lat. haesitare, intens. di haerēre "essere attaccato"] (io èsito, ecc.; aus. avere). - [essere e mostrarsi incerto, perplesso, con la prep. a: e. a credere] ≈ indugiare, (non com.) nicchiare, (lett.) peritarsi (di), tentennare, tergiversare, titubare. ↔ decidersi, risolversi. ↑ ardire, osare.
esitare. Finestra di approfondimento
Modi di esitare - E. indica il fermarsi per l’incertezza, l’aspettare, il prendere tempo prima di agire o di decidere. Vi sono varie modalità nell’esitazione, espresse da diversi termini non del tutto sinonimi. Indugiare è il verbo più vicino a e., anche se d’uso prevalentemente lett., e indica il non saper prendere una decisione o il non affrettarsi: e senza indugiare un minuto riprese a correre per il bosco a carriera distesa (C. Collodi). Tentennare indica l’essere incerto in una scelta, con una metafora che rimanda al moto oscillatorio di un oggetto che si inclina ora da una parte ora dall’altra: è perciò che tentenno fra la legge e la chimica perché ambedue queste scienze hanno l’esigenza di un lavoro che comincia ad un’ora fissa mentre io non so mai a che ora potrò essere alzato (I. Svevo). Anche nicchiare, in effetti, significa «esitare», ma è meno com. e presuppone, in genere, un’incertezza lamentosa (non fa mestier nicchiar, né far spallucce [M. Buonarroti il Giovane]). Titubare ha, come tentennare, sia il sign. di «oscillare» (ormai perduto) sia quello di «esitare»: Bartolomeo titubò, perché da molti giorni soffriva un gran bisogno di sfogarsi, ma il carattere caustico dell’amico lo rattenne (A. Oriani). Tergiversare è più specifico e indica per lo più un girare intorno a un argomento senza mai dire esattamente quello che si vorrebbe o si dovrebbe dire, un prendere tempo con le parole pur di non esprimere chiaramente quello che si pensa: tagliai a dirittura nel vivo, e senza punto tergiversare risposi che io ritornava in Toscana per ivi proseguire le mie stampe e i miei studi (V. Alfieri). Si può esitare perché si hanno dei dubbi, e dunque un sinon. più marcato di e. può essere anche dubitare: non dubitare: parla sicuramente meco e della mia compagnia prendi fidanza (G. Boccaccio). Più raro è ciurlare nel manico.
Sostantivi - Il sost. der. da e. è esitazione, e anch’esso ha vari sinon., secondo le sfumature. Dubbio è il termine più marcato della serie, perché può indicare sia il non risolversi a prendere una decisione perché si è incerti tra più opzioni (poi vidi molte cose, che gran dubbio / mi misser ne la mente [Burchiello]), sia la cosa stessa che genera l’esitazione (un dubbio può dunque essere una situazione poco chiara, oppure un dilemma, una domanda, una questione, ma anche un sospetto o un timore): talor m’assale in mezzo a’ tristi pianti / un dubbio: come posson queste membra / da lo spirito lor viver lontane? (F. Petrarca). Incertezza e indecisione indicano la mancanza di sicurezza (talora anche abituale, soprattutto nel caso di indecisione e del più marcato insicurezza), l’incapacità di prendere una decisione: l’ignoranza dell’uomo era somma, somma l’incertezza e l’ondeggiamento di tutta la vita (G. Leopardi); stanco finalmente d’un lungo periodo di continue indecisioni, sentiva il bisogno di risolversi a far qualcosa (L. Pirandello). Indugio è termine più formale e ricercato, del tutto sovrapponibile a esitazione: non soffre indugi il mio furor (P. Metastasio). Irresolutezza indica un comportamento abituale, un’attitudine alla mancanza di sicurezza, di risolutezza: l’irresolutezza del comandante e l’immobilità dei soldati parve, a diritto o a torto, paura (A. Manzoni). Perplessità è sia lo stato mentale di chi è confuso (confusione è termine più marcato) riguardo a una situazione e a una decisione da prendere, sia un elemento o una situazione e sim. poco chiari (e in questo caso, così come dubbio, incertezza e indecisione, è usato spesso al plur.): mentre egli partiva soddisfatto del piacevole trattenimento, lasciava nel cuore di Saffo una crudelissima perplessità (A. Verri); tante perplessità esaurivano ogni mia energia (G. D’Annunzio). Tentennamento e titubanza hanno gli stessi valori già commentati a proposito dei verbi da cui derivano, mentre riserva è termine più marcato, con l’accezione di «atteggiamento di non totale consenso, o addirittura di assoluto rifiuto»: cogli amici non ci vogliono certe riserve (C. Goldoni).