esilio
eṡìlio (o eṡìglio; ant. essìlio) s. m. [dal lat. exsilium, der. di exsul «esule»]. – 1. Pena limitativa della libertà personale, che consiste nell’allontanamento del cittadino dalla patria; può essere temporaneo o a vita, e ha carattere di stabilità per tutto il tempo che dura la pena: condannare all’e.; mandare, cacciare in e.; minacciare, revocare l’e.; patire l’e.; L’essilio che m’è dato, onor mi tegno (Dante). Il termine può indicare anche il volontario abbandono della patria, per sottrarsi a una persecuzione, a violenze civili o politiche, o per altri motivi: l’e. di Carlo Alberto; scelse l’e. piuttosto che sottostare alla tirannide. 2. a. La condizione di esule e il luogo dove uno trascorre il periodo dell’esilio: essere, vivere, morire in e.; lettere scritte dall’e.; andare in e.; richiamare, ritornare dall’esilio. b. Il periodo di tempo che dura l’esilio: durante l’e.; breve, lungo esilio. 3. estens. a. Lo stare lontano dal luogo desiderato o dalla propria abituale residenza: l’e. dalla casa paterna; ragioni di lavoro mi hanno costretto a un lungo e. dalla mia città; e. di Babilonia o babilonese (v. babilonese). Quindi, in genere, lontananza, assenza, anche fig.: l’oziosità e la vanità ... di nuovo, dopo antichissimo e., occuparono la vita (Leopardi). b. Vita ritirata e solitaria: e. dal mondo, dal consorzio degli uomini; nell’e. del chiostro. c. Nel linguaggio ascetico, la vita terrena contrapposta alla vera patria celeste: i dolori, onde il secolo atroce Fa de’ boni più tristo l’esiglio (Manzoni); valle d’e., la Terra. Con altro senso, eterno e., l’inferno, in quanto esclude per sempre le anime dal paradiso: la verace corte Che me rilega ne l’etterno essilio (Dante).