equivicinanza
s. f. Posizione di neutralità che si preoccupa di recepire e comporre con equanimità istanze contrapposte. ◆ il nostro ineffabile ministro degli Esteri […] ha ritenuto di dovere fare sfoggio di creatività linguistica proclamando la sua «equivicinanza» (neologismo di cui non sentivamo il bisogno) fra i terroristi di Hamas e lo Stato di Israele. (Antonio Martino, Sicilia, 15 luglio 2006, p. 2, Ieri e Oggi) • L’«equivicinanza», l’orribile neologismo che pochi mesi prima era stato scagliato come un insulto dall’opposizione e da una parte della comunità ebraica italiana contro la politica estera del governo, sembrava comunque seppellito. Fino al 21 marzo scorso, quando il sottosegretario agli Esteri Vittorio Craxi aveva telefonato a Ismail Haniyeh, primo ministro palestinese, uno dei fondatori di Hamas, auspicando che l’embargo nei confronti dei palestinesi venisse tolto. (Giuliano Gallo, Corriere della sera, 26 giugno 2007, p. 5, Primo piano) • I sondaggi finora danno ragione alla sua linea di comunicazione fatta di buonismo, di equivicinanza a operai e padroni, di promesse fiscali ingegnosamente mutuate dal programma avversario, che smentiscono, quanto meno all’apparenza, la politica oppressiva, giugulatoria, di [Vincenzo] Visco e [Romano] Prodi. (Ugo Scuro, Opinione, 29 marzo 2008, p. 6, Commenti).
Composto dal confisso equi- aggiunto al s. f. vicinanza, per analogia con equidistanza.
Già attestato nella Repubblica del 2 dicembre 2003, p.10, Politica estera (Pietro Veronese).