epitaffio
epitàffio (o epitàfio; ant. pitàffio) s. m. [dal lat. tardo epitaphium, neutro sostantivato dell’agg. (già class.) epitaphius, dal gr. ἐπιτάϕιος «sepolcrale» e come s. m. «discorso funebre», comp. di ἐπί «sopra» e τάϕος «tomba»]. – 1. Iscrizione sepolcrale, spesso in forma di breve componimento in versi, che per lo più contiene anche le lodi del defunto: vide il loco ove il vecchio corpo con giusto epitafio si riposava (Boccaccio); talvolta esagerato, onde le espressioni scherzose: bugiardo come un e.; più bugiardo di un e.; talvolta oscuro, per cui di una scritta che non si intenda bene: che cos’è questo epitaffio? Per estens., lastra di marmo o di bronzo che porta l’iscrizione: chi gli voleva gratificare, gli mandava o statue di marmo o epitaffi di marmo (Vespasiano da Bisticci). 2. Presso gli antichi Greci, discorso pronunciato da un oratore pubblico per celebrare gli eroi che erano morti per la patria. 3. Velo eucaristico, particolarmente sontuoso, usato nel mondo bizantino, così chiamato perché generalmente era adorno dell’immagine di Cristo, morto e disteso fra due angeli (talvolta però la figurazione era assai più complessa), e simboleggiava il sudario.