duce
s. m. [dal lat. dux ducis]. – 1. ant. Guida, scorta, in senso proprio o fig.: Genti vid’io allor, come a lor duci, Venire appresso (Dante); usato anche come femm., riferito a donna o comunque a un essere indicato con nome femminile: a li splendor mondani ordinò general ministra e duce (Dante); a cieca duce Siete seguaci, o miseri! (Foscolo). Frequente in funzione di predicato, concordato al masch. o al femm.: Lo tuo piacere omai prendi per duce (Dante); E sien col cor punite ambe le luci, Ch’a la strada d’Amor mi furon duci (Petrarca); cantando, con mesta melodia, L’estremo albor della fuggente luce, Che dianzi gli fu duce, Saluta il carrettier dalla sua via (Leopardi). 2. a. Capo, condottiero. Nell’antichità, all’inizio dell’Impero, titolo dato, senza valore ufficiale, a governatori e generali che avevano compiuto gesta gloriose; con Diocleziano, titolo ufficiale del comandante delle milizie di una o due province. Nel medioevo, capo di una circoscrizione territoriale il quale accentrava nelle sue mani, oltre ai poteri militari, anche quelli civili, amministrativi, giudiziarî e finanziarî. b. Nel palio di Siena, capo della comparsa delle singole contrade. 3. a. Qualifica data da alcuni movimenti sindacalistici della fine dell’800 e dell’inizio del ’900 a coloro che ricoprivano cariche direttive nelle singole organizzazioni operaie o che svolgevano opera di guida, sulla stampa o sulla piazza, nei riguardi dei lavoratori ad esse aderenti. b. Nome dato (sia in espressioni come d. del fascismo, d. delle camicie nere, ecc., sia assolutamente) a Benito Mussolini quale capo del movimento fascista: prima di fatto, poi con valore giuridico-costituzionale quando, nel 1938, fu designato come «capo del governo e duce del fascismo». ◆ Dim. e spreg. ducétto, ducino.