doppio
dóppio agg. [lat. dŭplus, dal tema di duo «due»]. – 1. a. Che è due volte tanto, che è due volte la grandezza o la quantità considerata come base o come normale: ricevere d. paga; fare d. fatica; avere d. razione; prendere d. dose; un caffè d., un d. whisky; assumere un numero d. di operai; stoffa a d. altezza, ecc.; in pubblicazioni periodiche, numero d. o fascicolo d., che ha mole doppia di quella consueta e rappresenta perciò due numeri o due fascicoli. Anche come primo elemento di termini composti, per indicare determinate misure: doppio litro, doppio centimetro. b. Sostantivato, il d., due volte tanto, due volte una quantità data: gli hanno promesso il d. di stipendio; tu pesi il d. di me; è un affare che rende il d. del capitale impiegato. In genere, il d. di un numero, il numero che si ottiene addizionando al numero dato il numero stesso; il d. di una grandezza, una grandezza il cui valore è due volte quello della grandezza data: 20 è il d. di 10; il segmento AB è il d. del segmento CD. Ormai ant. le locuz. a due, a tre, a cento, a mille doppî, per lo più in frasi iperb., molte volte di più: avevo ragione io, a mille doppî; quello che, nel terzo luogo, m’accresce la meraviglia a cento doppi è che voi non v’accorgiate che ... (Galilei). c. Con funzione di avv.: vedere d., fam. vederci d., patire di diplopia, e più spesso fig., avere le traveggole, avere la vista poco chiara (per gran debolezza o per aver bevuto troppo). 2. a. Che si compone di due elementi, o di due parti, uguali (in questo caso è contrario di scempio) o anche diverse: d. suola; tessuto d.; fucile a d. canna; cucire a filo d. (e solo in senso fig., legato a filo d., con riferimento a persone o cose inseparabili, e spec. a persone così strettamente legate tra loro da essere coinvolte l’una nelle vicende dell’altra); avere un d. incarico (più esattam. duplice); ricevere un d. stipendio, cioè due stipendî, diverso da stipendio d.; cassetto, baule a d. fondo; giacca a d. petto (e analogam. cappotto, soprabito a d. petto), con un petto sovrapposto all’altro e con due file di bottoni (anche con uso assol. come s. m., un d. petto, più spesso in grafia unita: v. doppiopetto); treno a d. trazione, quando è tratto da due macchine; d. diodo, d. triodo, ecc., in elettronica, tubo costituito da due diodi, triodi, ecc., entro la stessa ampolla; nel gioco del domino, d. due, d. sei, ecc., i pezzi che hanno lo stesso numero da ambedue le parti; d. mento, quando per il grasso si forma un rigonfio sotto il mento; d. senso, di vocabolo o frase che può intendersi in due modi diversi, di solito uno serio e uno scherzoso o licenzioso o allusivo. Si dice doppio anche di due cose della stessa specie, poste accanto o a riscontro per rinforzo e per servire a un medesimo scopo: d. porta, d. finestra, d. serratura, d. cancello, d. trave. In senso fig.: d. morale, v. morale1 (nel sign. 2); parlando di sentimenti, s’intende che sono provocati da due diverse cause: è per me una d. preoccupazione; avere un d. dolore. b. In linguistica, consonanti d. (anche sostantivato, le doppie), quelle che vengono ripetute nella grafia, ripetute o prolungate nella pronuncia; con riferimento alla fonetica (che può non coincidere con la grafia: per es. a tre ‹a ttré›), si chiamano pure, più tecnicamente, consonanti geminate (che è più proprio se il suono è ripetuto: per es. sud di ... ‹sud ddi›) o consonanti lunghe (se il suono è solo prolungato: per es. su di ... ‹su ddi›, freddo ‹fréddo›). In altro senso, meno tecnico, si sogliono chiamare consonanti d. quelle che, pur essendo rappresentate nella scrittura da una lettera sola, consistono in realtà di due suoni consonantici: per es. x ‹ks› o anche z ‹ts, d∫›. c. Equivale in genere a «due» in espressioni quali chiudere a d. chiave (cioè con due chiavi), commettere un d. errore; in musica, d. diesis, d. bemolle; nell’interpunzione, d. punto (o due punti, posti verticalmente). E di cosa che viene ripetuta due volte: fare un d. viaggio, chiudere a d. giro, a d. mandata. d. Locuzioni: suonare a doppio, o a doppie campane, con due o più campane insieme (anche fig., percuotere ripetutamente una persona, rivolgere ripetute ingiurie); fare il d. gioco, fig., mantenere, durante una lotta aperta fra nazioni nemiche o fra partiti politici, e in genere fra parti in contrasto, buoni rapporti con tutti e due i contendenti, in modo da trovarsi sempre in condizione vantaggiosa, chiunque sia il vincitore (anche estens., con lo stesso senso della locuz. tenere il piede in due staffe); avere una d. vita, avere un comportamento nascosto ben diverso, e meno onesto, rispetto a quello normale e noto a tutti. 3. Con usi specifici e tecnici: a. Nelle arti grafiche, d. tinta, procedimento per la stampa di illustrazioni, di norma con matrici zincografiche, su carta patinata, e con uso di inchiostri speciali fatti con pigmenti d’anilina di due colori sciolti in vernici. D. chiaro, filetto con due linee sottili parallele. b. In botanica, fiore d. (o pieno), quello in cui gli stami, tutti o in parte, si metamorfosano assumendo l’aspetto di un petalo; anche, nel linguaggio com., l’infiorescenza delle composite tubuliflore, in cui i fiori tubulosi sono trasformati in fiori ligulati, come per es. nel crisantemo. c. Nel linguaggio di borsa, contratto a d. facoltà (o a d. opzione, o a d. premio), il contratto per il quale uno dei contraenti corrisponde all’altro un premio per avere la facoltà, alla scadenza convenuta, di ritirare o di consegnare, a sua scelta, una data quantità di titoli a prezzi convenuti; è detto anche, con termine ingl., stellage (talora italianizzato in stellaggio). d. In enigmistica, d. lettura o frase d., gioco consistente in una frase che, per diverso frazionamento delle parole che la compongono, dà luogo a un’altra frase: giuochi a premî – giù ò chi àpremi; l’astro fatidico – la strofa ti dico; di rose t’ornerò – dirò se tornerò, ecc. e. In matematica, detto di un elemento che può essere considerato la sovrapposizione di due elementi tra loro identici e deve quindi essere contato due volte; punto d., quello in cui una curva taglia sé stessa, cosicché per esso passano due distinte tangenti alla curva. f. Nella scherma, colpo d., colpo che ha luogo quando una stoccata è valida tanto per l’uno quanto per l’altro tiratore. g. Nel linguaggio medico, metodo in (o a) d. cieco (traduz. dell’ingl. double blind), metodo di indagine sperimentale inteso a escludere interferenze soggettive nella verifica della validità di un’ipotesi o di un procedimento (somministrazione di farmaci e placebo, collaudo di test psicologici, ecc.): a tal fine gli operatori che partecipano ai varî tempi dell’esperimento (impostazione, attuazione, lettura o verifica dei risultati) conoscono solo quanto concerne la fase del loro proprio intervento, mentre sono all’oscuro (e quindi «ciechi») per le altre due. h. Per altre locuz., come d. croce, d. fondo, partita d., passo d., scacco d., sonetto d., stelle d., d. verità, ecc., v. i singoli sostantivi. 4. Con uso di s. m.: a. Nel gergo teatrale, lo stesso che doppione. b. Nel tennis, incontro disputato fra quattro giocatori divisi in due coppie, su un campo allargato che comprenda i due corridoi laterali: giocare, vincere il d.; l’incontro di d. è stato sospeso per l’oscurità. In partic.: d. maschile, d. femminile, formato rispettivamente da tutti uomini o da tutte donne; d. misto, formato da due coppie, composte ognuna da un uomo e una donna. 5. fig. Finto, ipocrita: è un uomo d., che parla in un modo e agisce in un altro, o anche, che dice una cosa in faccia e un’altra dietro le spalle. Avv. doppiaménte, due volte, in doppia misura (solo in partic. frasi): ti sono doppiamente grato; si sentiva doppiamente colpevole, cioè per due diversi motivi; si considerava doppiamente sconfitto, ingannato, e sim., due volte, o in due campi, per due motivi diversi, o da due diverse persone, ecc.; fig., con doppiezza: agire, parlare doppiamente.