doping cognitivo
loc. s.le m. Uso di farmaci per il potenziamento delle facoltà cognitive, in particolar modo al fine di ottenere migliori prestazioni intellettuali. ◆ I benefici del potenziamento cognitivo riguardano una maggiore concentrazione sotto stress o al termine di una giornata lavorativa, un miglioramento della memoria e una migliore capacità relazionale. Chiamato anche doping cognitivo, agisce in modo simile a alcune sostanze stimolanti di uso comune (come la caffeina, con alcuni importanti distinguo), ma i suoi effetti a lungo termine non sono ancora stati indagati in modo sistematico. “L’aumento delle performance è legato a meccanismi di tipo molecolare, che variano da farmaco a farmaco. Tutti però agiscono sui neurotrasmettitori, quelle sostanze che trasportano le informazioni da un neurone all’altro”, spiega Simone Rossi, neurologo e neurofisiologo clinico dell’Azienda ospedaliera universitaria di Siena e responsabile del Brain Investigation & Neuromodulation Lab, del dipartimento di Neuroscienze. (Michela Perrone, Wired.it, 13 marzo 2014, Scienza) • I temi di cui si occupa la neuroetica e che spesso troviamo al centro delle cronache mediatiche vanno dal dibattito sugli stati vegetativi al ruolo delle analisi genetico-cerebrali nelle aule dei tribunali, dal doping cognitivo, vale a dire l'uso di farmaci per il potenziamento delle prestazioni intellettuali, al rapporto tra fede e neuroscienze. (N[ico]. P[itrelli]., Pagina99WE, 28 giugno 2014, p. 21, Orizzonti).
Composto dal s. m. doping e dall'agg. cognitivo.
Già nel primo numero del 2009 della rivista culturale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore «Vita e pensiero», Alberto Oliverio, nell'articolo intitolato Neuroetica: la morale è determinata dal cervello?, scriveva (p. 114) dell'ipotesi di «una sorta di "doping cognitivo" che aumenti il numero dei neuroni o ne potenzi la prestazione», citando l'opinione di alcuni scienziati secondo cui «Se i neuroni potessero essere modificati per processare duecento milioni di messaggi al secondo, come un modesto computer, invece che solo duecento, un anno di pensiero passerebbe ogni trentuno secondi».