domestico
domèstico agg. e s. m. [dal lat. domestĭcus, der. di domus «casa»; propr. «che appartiene alla casa»] (pl. m. -ci). – 1. agg. a. Appartenente alla casa, intesa come sede della famiglia: mura, pareti d.; tradizioni d., le virtù d.; utensili d., oggetti di uso d.; per antonomasia, focolare, tetto d., la casa e, in senso fig., il nucleo familiare. In partic.: divinità domestiche, i Lari protettori della casa romana; prelato d., appartenente alla casa pontificia; lavoro d., quello prestato al servizio di una famiglia o di altra comunità e caratterizzato, di solito, dalla coabitazione fra lavoratore e datore di lavoro; produzione o economia d. (o dissociata), quella caratteristica dell’organizzazione economica primitiva, che è realizzata dal gruppo familiare al fine di procurarsi direttamente i beni di consumo necessarî senza ricorrere allo scambio; industria d., a cui attende un gruppo familiare. b. non com. Di persona, familiare, intimo (in questo senso, anche dimestico): era molto d. col proprietario della fabbrica. Anche, di persona alla mano, che ispira confidenza, affabile: se incontro qualche uomo un po’ d. e umano, da potergli parlare, lo dirò a lui (Manzoni). Come locuz. avv., alla domestica, familiarmente: trattare alla domestica. 2. agg. a. Di animali che vivono permanentemente con l’uomo, il quale li nutre, li protegge, ne regola la riproduzione, e li utilizza nelle loro capacità di offrire aiuto, lavoro e prodotti varî (opposto a feroce o selvatico): il cane è un animale d.; meno com., addomesticato: un lupo, un leone domestico. b. Di piante, coltivate, non selvatiche: piante ornamentali domestiche. Con senso più generico, riferito anche all’aspetto della natura, e talora sostantivato: l’ameno, il d. di quelle falde tempera gradevolmente il selvaggio (Manzoni). 3. s. m. (f. -a) Chi svolge a pagamento i lavori di casa, le faccende domestiche presso un datore di lavoro: m’ha aperto la porta un vecchio d. in livrea; la d. aveva il suo giorno di libertà ◆ Avv. domesticaménte, con familiarità e dimestichezza, alla buona; con quest’uso e sign., è più spesso usata la variante dimesticamente (v. dimestico).