dolere
dolére v. intr. [lat. dŏlēre] (pres. indic. dòlgo, duòli, duòle, doliamo, doléte, dòlgono; pres. cong. dòlga,... doliamo, doliate, dòlgano; imperat. duòli, doléte; fut. dorrò, ecc.; condiz. dorrèi, ecc.; pass. rem. dòlsi [ant. dòlvi, dòlfi], dolésti, ecc.; part. pass. doluto; aus. avere ed essere). – 1. a. Far male, detto di parte del corpo che è sede di una sensazione dolorosa: mi duole la testa; mi doleva il dente; dice che gli dolgono tutte le ossa; per estens.: la ferita, l’iniezione mi duole. b. Dispiacere, rincrescere: quanto, deh quanto Di te mi dolse e duol (Leopardi); mi duole veramente di non poterti aiutare; ci è doluto dovergli dire di no; mi duole assai della sua morte (anche ch’egli sia morto). Con queste accezioni il verbo è adoperato di solito nella 3a persona, con il pronome in funzione di compl. di termine. 2. intr. pron. a. Sentire o esprimere dolore, dispiacere; rammaricarsi: mi dolgo di non averlo saputo in tempo; si doleva dello scacco subìto; mi dolgo tanto che tu voglia partire; Ben se’ crudel, se tu già non ti duoli Pensando ciò che ’l mio cor s’annunziava (Dante); fig., poet.: e molle il flauto si duole D’innamorati giovani e di ninfe Su le gondole erranti (Foscolo), cioè narra con suono dolce e mesto storie di giovani ecc. b. Provare dolore o pentimento di un fallo commesso, della propria condotta: mi pento e mi dolgo dei miei peccati; si è dovuto spesso d. della sua impulsività; Tu, solingo augellin, venuto a sera Del viver che daranno a te le stelle, Certo del tuo costume Non ti dorrai (Leopardi). c. Lamentarsi presso qualcuno della condotta altrui, di un torto ricevuto e sim.: è venuto da me a dolersi del vostro contegno. ◆ Part. pres. dolènte, anche come agg. (v. la voce).