dire (ant. dicere /'ditʃere/) [lat. dicĕre] (pres. dico, dici [ant. o pop. di'], dice, diciamo, dite, dìcono; imperf. dicévo, ecc.; pass. rem. dissi, dicésti, ecc.; fut. dirò, ecc.; condiz. dirèi, ecc.; cong. pres. dica, ... diciamo, dìcano; cong. imperf. dicéssi, ecc.; imperat. di' [err. dì], dite; part. pres., non com., dicènte; part. pass. détto; ger. dicèndo). - ■ v. tr. 1. a. [esprimere con la voce: d. una parolaccia] ≈ proferire, pronunciare. ● Espressioni: fig., dire addio (a qualcosa o qualcuno) → □; dire grazie (a qualcuno) ≈ (lett.) rendere grazie, ringraziare (ø); fig., dire fra i denti (o a mezza bocca) ≈ bisbigliare, mormorare. b. [pronunciare con tono recitativo, per lo più a memoria: d. una preghiera] ≈ recitare. 2. a. [rendere noto il proprio pensiero con parole o con uno scritto, anche seguito da una prop. oggettiva esplicita o implicita: dico ciò che penso; dice che non ci crede; dice di conoscermi] ≈ affermare, comunicare, dichiarare, esprimere, manifestare. ↑ palesare. ● Espressioni: avere (a) che dire (con qualcuno) ≈ altercare, battibeccare, questionare. ↑ bisticciare, litigare; avere da dire (o da ridire) [non essere soddisfatto di qualcosa, con la prep. su del secondo arg.] ≈ lamentarsi (di), querelarsi (di); dire davvero → □; dire male (di qualcuno) ≈ malignare (su), parlare male, sparlare. ↑ denigrare, (fam.) dire peste e corna. ↔ dire bene, elogiare (ø), encomiare (ø), lodare (ø); fam., dire peste e corna (di qualcuno) ≈ denigrare (ø). ↓ dire male, parlare male, sparlare; dire (un gran) bene (di qualcuno) ≈ elogiare (ø), lodare (ø). ↔ dire male, (fam.) parlare male, sparlare. ↑ denigrare, (fam.) dire peste e corna; non c'è che dire → □. ▲ Locuz. prep.: a dir molto (o tanto) → □; a dir poco → □. b. [comunicare un fatto in forma di racconto: dimmi quello che hai visto] ≈ esporre, narrare, raccontare, riferire. ● Espressioni: cosa mi dici mai, non me lo dire [esclamazione di sorpresa, anche fittizia] ≈ da non credere, è mai possibile, incredibile, non è possibile, possibile (mai). c. [esprimere con parole qualcosa di cui si sia convinti: dice sempre il contrario di ciò che dico io] ≈ affermare, asserire, dichiarare, sostenere. ↑ asseverare. ↔ negare. ● Espressioni: dire chiaro e tondo ≈ dire a chiare lettere (o note). d. [dare come suggerimento: farò come tu dici] ≈ consigliare, proporre, suggerire. e. [invitare con autorità a fare qualche cosa: ti dico di venire qui subito; gli ho detto di smetterla] ≈ imporre, ingiungere, intimare, ordinare. f. [preceduto per lo più da una voce del verbo volere (o intendere), avere come significato: che intendi d.?; che volevi d. con quel gesto?] ≈ comunicare, esprimere, intendere, significare. g. (non com.) [chiamare con un determinato appellativo, seguito da compl. predicativo dell'oggetto: tutti lo dicono un imbroglione] ≈ considerare, giudicare, reputare, ritenere. ● Prov.: dire pane al pane e vino al vino ≈ chiamare le cose con il loro nome. h. [pronunciare suoni articolati, esprimere qualcosa: lascialo d.] ≈ (ant., lett.) favellare, parlare. ↔ tacere. ● Espressioni: tanto (o così) per dire ≈ a titolo di ipotesi, tanto per parlare. 3. (estens.) a. [di cosa, avere come argomento, con la prep. di: il giornale dice qualcosa del referendum?] ≈ parlare (di), trattare (di). ● Espressioni: fig., che non dice nulla [con funz. agg., privo di espressione, di contenuto: ha una faccia che non dice nulla; un film che non dice nulla] ≈ insignificante, insulso, scialbo. b. [di cosa, far capire: tutto mi dice che ci sarà da lottare] ≈ attestare, comprovare, dimostrare, fare pensare, mostrare, provare, suggerire. ■ s. m., solo al sing. 1. [ciò che si dice o si pensa: stando al suo d.] ≈ opinione, parere, pensiero, punto di vista. 2. (non com.)[modo di esprimersi, parlare: un d. molto ricercato] ≈ (lett.) eloquio, (lett.) loquela. ■ dirsi v. rifl. [affermare di trovarsi in un particolare stato, con valore copul.: d. incapace di frenare i propri impulsi] ≈ dichiararsi. □ a dir molto (o tanto) ≈ al massimo, tutt'al più. ↔ a dir poco. □ a dir poco ≈ come minimo, quanto meno. ↔ a dir molto. □ dire addio (a qualcosa o qualcuno) [andare altrove rispetto a qualcuno o qualcosa] ≈ allontanarsi (da), privarsi (di), rinunciare, salutare (ø), separarsi (da). ↔ scherzare. □ dire davvero ≈ dire (o parlare) sul serio (o seriamente). □ non c'è che dire [in conclusione di una frase, con funzione asseverativa, per comunicare la propria sincerità: ha meritato di vincere, non c'è che d.] ≈ certamente, di certo, di sicuro, indubbiamente, senza dubbio, sicuramente.
dire. Finestra di approfondimento
Modi di dire - D. significa innanzitutto «esprimere con la voce» e ha, in questa accezione, come sinon. più ricercato, pronunciare (meno com. pronunziare). Rispetto a d., pronunciare sottolinea tuttavia il processo fisico dell’emettere parole e si trova infatti per lo più in contesti in cui il valore letterale delle parole è fondamentale (sentenze, atti e sim.) o si vuole mettere in evidenza l’atto del dire scanditamente o con un particolare accento o espressività: il cardinal del Monte con la propria voce pronunciò il decreto (P. Sarpi); – Non posso essere vostra mai! – e pronunciò queste parole dal cuore profondo e con una occhiata con cui pareva rimproverarsi e compiangermi (U. Foscolo); pronunciò l’ultima frase col parlar lento e misterioso che usava, quando voleva decidere il marito a secondarla ciecamente (G. C. Chelli). D’uso ancora più limitato e formale (ma analogo a pronunciare) è proferire: e queste parole le proferì in quella maniera particolare che par che voglia dire: ho finito (A. Manzoni).
A seconda del volume della voce, si possono avere anche gridare e urlare per «dire a voce alta o troppo alta»: allor porsi la mano un poco avante / e colsi un ramicel da un gran pruno; / e ’l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?» (Dante); urlai al mio cameriere che volasse a fermare davanti alla porta una vettura (L. Pirandello) e sussurrare «dire a voce bassa o troppo bassa»: le diede un bacio sussurrando: Addio! (G. Pascoli). A seconda dell’intonazione o dello scopo di quanto viene detto, si possono avere i più specifici chiedere o domandare «dire qualcosa per avere una risposta», rispondere «dire qualcosa come reazione a una domanda», esclamare «dire qualcosa con tono sorpreso o meravigliato, adirato e sim.», e altri ancora.
Discorso diretto e indiretto - D. è usato spessissimo per introdurre il discorso diretto, sia prima, sia nel mezzo, sia alla fine del brano riportato: da celo venneme una voce / e disse: «Ségnate con croce / e piglia el ramo de la luce / lo quale è a Deo molto a grato» (I. Da Todi); «Maggior difetto men vergogna lava», / disse ’l maestro, «che ’l tuo non è stato [...]» (Dante); «Questo non farò io» disse Andreuccio (G. Boccaccio). Si noti che, soprattutto quando d. si trova nel mezzo o alla fine del brano citato, il sogg. segue quasi sempre il verbo, come si vede ad es. nelle citazioni da Dante e Boccaccio. In tutti questi usi è talora usato anche fare: «Piano, piano» fece Zaneto sconcertato (A. Fogazzaro).
In determinati contesti è più adatto recitare, quando si tratta di dire qualcosa a memoria: dopo aver recitato il suo discorso introduttivo, il presidente dichiarò aperti i lavori del congresso. Talora si usa d. col sign., ancora più generico, di «rendere noto il proprio pensiero», in forma sia orale sia scritta, sia, addirittura, filmata: come disse Pasolini nel suo ultimo libro o Visconti nel suo ultimo film. A volte è più appropriato comunicare o dichiarare, specialmente se si parla di cose dette in modo o in contesti ufficiali: hanno comunicato la morte del Presidente; in pochi giorni il dottore dichiarò che lo stato della giovinetta era molto pericoloso (G. Verga). Analogo impiego ha esprimere: ma il segretario espresse nella capitolazione che niente fusse valido se entro certo tempo non si approvava dal re (F. Guicciardini). D’uso ancora più ristretto è manifestare, nel senso di «far conoscere»: quando il cavaliere sentì questo, lo manifestò agli Anziani (D. Compagni).
Raccontare - Altre volte d. è un sinon. meno appropriato di narrare, raccontare, riferire, dove il primo verbo è più formale del secondo nel sign. di «comunicare in forma di racconto»: raccontami tutto quello che hai fatto durante le vacanze. Riferire è invece appropriato a contesti più ufficiali, in cui ciò che viene detto ha una certa importanza: ho riferito alli consiglieri del mio signore quelle cose che ieri ragionammo (G. B. Ramusio). Riferire si usa altresì quando si citano le parole di qualcuno (e forse Floro ha preso questa immagine da quel luogo di Tucidide nell’assedio di Siracusa, riferito ed esaminato da Longino [G. Leopardi]) o se si riporta genericam. quanto si è sentito (mi parve che gli avessero riferito di me cose non troppo onorevoli [I. Nievo]).
Dire per convincere - Se si dice con convinzione, o con lo scopo di persuadere, o per dare ufficialità a qualcosa, i sinon. più appropriati saranno affermare, asserire e sostenere: il secondo e soprattutto il terzo verbo sottolineano un alto grado di convinzione, talora anche in contrasto con altre dichiarazioni: lei sostiene che il figlio se n’è voluto andar lui col padre, con la scusa che qua ormai non poteva più stare (L. Pirandello). Se invece si vuole dire qualcosa come suggerimento si userà consigliare, proporre o suggerire, tra i quali il terzo verbo è il meno marcato della serie, il primo è quello che indica il maggior coinvolgimento nel suggerimento (il buon prete mi consiglia di distruggere quella mia vecchia gioia mondana, che oggi mi è occasione di rimorsi e di paure [C. Boito]), e il secondo – oggi spesso abusato – è quello che prende più le distanze dalla cosa suggerita, spesso però con finta imparzialità: l’avvocato propose di rinviare il processo di qualche giorno.