dio s. m. [lat. dĕus, pl. dĕi e dī] (pl. dèi, ant. e dial. dii; al sing. l'art. è il, al plur. gli; al sing., la d- iniziale ha sempre, dopo vocale, il raddoppiamento sintattico). - 1. (relig.) a. (solo al sing.; con iniziale maiusc.) [senza articolo, essere supremo della religione cristiana: credere in D.] ≈ Altissimo, Creatore, (pop.) Domineddio, Onnipotente, Padreterno, Signore. ● Espressioni (con uso fig.): casa di Dio ≈ chiesa; castigo di Dio ≈ calamità; che (o come) Dio la manda [detto di pioggia: piove come D. la manda] ≈ a catinelle, a dirotto, copiosamente; come Dio comanda [di lavoro eseguito con cura: pranzo cucinato come D. comanda] ≈ a dovere, a puntino, a regola d'arte, come si deve, (pop.) da Dio, per bene; come Dio vuole ≈ alla bell'e meglio, in qualche modo; Dio lo voglia (o Dio volesse) ≈ magari; essere fuori della grazia di Dio → □; essere in grazia di Dio → □; Figlio di Dio ≈ Cristo, Gesù; giudizio di Dio → □; grazia di Dio (o ben di Dio o bendidio) → □; grazie a Dio ≈ per fortuna; ira di Dio (o iradiddio) ≈ finimondo, rovina; Madre di Dio ≈ Madonna, Maria; servo di Dio ≈ sacerdote; sposa di Dio ≈ Chiesa (cattolica); iron., vai con Dio ≈ vai a quel paese, vattene. ▲ Locuz. prep.: pop., da Dio [di cosa, o situazione, che produce grande piacere: mangiare da D.] ≈ (pop.) alla grande, (fam.) come Dio comanda; in nome (o per l'amor) di Dio ≈ per carità, per favore, per pietà; senza Dio [come s. m. e f. invar., persona priva di fede] ≈ agnostico, areligioso, ateo; senza timor di Dio [come agg., privo di principi etici] ≈ amorale, senza scrupoli. b. (f. dea) [nelle religioni politeistiche, ciascuno degli esseri immortali venerati come superiori all'uomo: gli d. di Roma] ≈ (non com.) deità, divinità, (lett.) nume. 2. (fig., scherz.) [persona o cosa che è oggetto di culto e quasi di adorazione] ≈ asso, idolo, mago, mito, (iron.) semidio. ↔ pivello, schiappa. □ essere fuori dalla grazia di Dio [essere in uno stato di estrema irritazione] ≈ (fam.) andare in bestia (o in collera o su tutte le furie), arrabbiarsi, dare in escandescenze, imbestialirsi, infuriarsi. ↑ delirare, sragionare, vaneggiare. □ essere in grazia di Dio ≈ stare bene. □ giudizio di Dio (stor.) [nel medioevo, prova di innocenza o colpevolezza fondata sul presunto atteggiamento della giustizia divina nei confronti dell'accusato] ≈ ordalìa. □ grazia di Dio (o ben di Dio o bendidio) ≈ ‖ abbondanza, ricchezza.
dio. Finestra di approfondimento
Nomi di Dio e del diavolo - Come accade per molti termini che pertengono alla sfera del divino o del diabolico, d. e diavolo sono parole spesso deformate o sostituite da altre (o da perifr.) per ragioni eufemistiche. In luogo di D., si parla infatti spesso di Altissimo, Creatore, Onnipotente, Padre, Padreterno, Signore, e di altri termini ancora: l’Altissimo appare ad Abramo (G. D’Annunzio); quella è una benedetta donna, che non la smuove neanche il Padreterno (L. Pirandello); il Signore volle aiutarla davvero, povera Nina (G. Verga). Se proprio si deve dire Dio, si preferisce la forma pop. Domineddio: nessuno, neanche il figlio di Domineddio, deve più metterci becco (L. Pirandello).
Con diavolo il fenomeno è più complesso. Talvolta infatti la massima incarnazione del male è designata, oltreché con i due termini generali (diavolo e demonio), con alcuni nomi propri (Belzebù, Lucifero, Satana: luogo è là giù da Belzebù remoto / tanto quanto la tomba si distende [Dante]; aveva mona Onesta portato in casa di Roderigo, insieme con la nobiltà e con la belleza, tanta superbia che non ne ebbe mai tanta Lucifero [N. Machiavelli]; cielo e inferno sono stati sempre popolati di legioni angeliche e sataniche, che riempiono l’intervallo tra l’uomo e Dio, tra l’uomo e Satana [F. De Sanctis]) o con sinon. o perifr. eufem.: angelo delle tenebre, maligno, principe delle tenebre, tentatore, e tanti altri: il Nemico ci tiene / il Maligno è su di noi (G. D’Annunzio); ed ecco che el fu lì presente el principe delle tenebre, intorniato di moltitudine di demoni (N. Manerbi); ma che non s’ascolti ciò, può nascere da due cagioni, o per la propria consuetudine, o per l’industria del Tentatore (G. B. Marino).
Diverso, e non soggetto a tabù linguistici, l’impiego dei termini d. e diavolo indicanti, in generale, un essere divino o un essere diabolico (e non il Dio né il Diavolo dei cristiani in particolare). I sinon. in questo caso saranno divinità, e i meno com. deità e nume, per d. ƒfolle è chi crede altra deità che la nostra [G. Boccaccio]), e demonio o demone, per diavolo (sugli occhi della donna lampeggiò un sorriso da demone [G. Verga]). Si tenga peraltro conto che demone può talora designare anche una divinità, ed essere dunque sinon. di d.: diremo adunque che ne fosse l’inventore Teut, demone de gli Egizi (T. Tasso).
Usi figurati - Sia d. sia diavolo possono essere impiegati in accezioni fig., per designare persone con qualità particolari. Dire di una persona che è un d. (o come un d.: Luca spara come un D. [L. Pirandello]) significa esaltarne le straordinarie capacità fisiche o intellettuali (anche nella locuz. prep. da d.: ha un corpo da d. = da favola, favoloso, mitico e sim.): Gianni è un d. in matematica; quando gioca a tennis è un dio. Sinon. meno marcati possono essere asso, mago, mito (comunissimo, negli ultimi anni, soprattutto nel linguaggio giovanile: Mario con le donne è un vero mito!): che magnificenza! Non ho mai visto un teatro simile! Un mago, siete un mago, Boggiolo! (L. Pirandello).
Molto più estesi gli usi metaforici di diavolo, riferibile sia a persona malvagia, sia a persona vivace e irrequieta, sia a persona che susciti stupore o ammirazione. Nel primo caso, diavolo ha come sinon. possibile mostro: erano sazii, rivoltati anche loro della tirannia feroce di quel mostro (L. Pirandello). Il secondo sign., appropriato per lo più a bambini o adolescenti (anche nel dim. diavoletto), ha come sinon. demonio e i più attenuati monello, peste, terremoto: guatava intorno da monello che medita il colpo (G. Boine). Il terzo sign.corrisponde ai più attenuati e frequenti fulmine (adatto soprattutto a persona molto veloce o molto sveglia: è un fulmine: riesce a finire una versione di greco in un quarto d’ora) e genio. Anche in quest’ultimo caso è possibile l’uso di mostro (sei un mostro di bravura!) e sono ammissibili anche dio e i suoi sinon. asso, mago e mito, anche se, rispetto a questi, diavolo sottolinea il grado quasi prodigioso della qualità posseduta.
Interiezioni - Sia d. sia diavolo, infine, possono comparire come interiezioni. D.! (e o D.!, anche nella forma oddio!, espressione ora di meraviglia, ora di dolore, ora di rabbia) può essere sostituito da Madonna (santa)! e Cristo (santo)!, sentiti tuttavia come più irriverenti di D.!, tanto che spesso vengono sostituiti dall’eufem. cielo! oppure deformati (cribbio). Ancora più soggette a tabù sono le locuz., sempre con valore di interiez., per Dio! (sostituito preferibilmente da perbacco! o perdiana!) e per la Madonna! (sostituito talora dalle alteraz. eufem. per la madosca! o per la maremma!, anch’esse sentite tuttavia come troppo forti). Rispetto a diavolo! (che esprime per lo più stizza) i sinon. sono quasi tutti più ricercati ed eufem.: caspita! (alteraz. eufem. di cazzo!), diamine! (alteraz. eufem. di diavolo, incrociato con domine), perbacco!, e tanti altri. Più fam. di diavolo sono invece dannazione! (sempre più frequente anche per l’influenza dei doppiaggi cinematografici angloamericani, che lo sostituiscono a damn!), maledizione! e mannaggia! Pop. è cavolo, mentre volg., sebbene diffusissimo a livello pop. in tutta Italia, cazzo!