dimettere
diméttere v. tr. [dal lat. dimittĕre, comp. di di(s)-1 e mittĕre «mandare»; nel sign. 2, sull’esempio del fr. démettre] (coniug. come mettere). – 1. Lasciare andare, licenziare; con questo sign. è raro o ant., ma è d’uso com. con riferimento a ricoverati in un ospedale che son fatti uscire perché guariti, o a carcerati rimessi in libertà alla fine della pena: devo fare ancora due giorni di convalescenza e poi mi dimetteranno (dalla clinica); ha ottenuto la grazia e sarà dimesso entro la settimana. 2. Deporre da una carica, licenziare da un pubblico ufficio, da un lavoro subordinato: sono stati dimessi tre impiegati. Più com. il rifl. dimettersi, abbandonare con atto di rinuncia un incarico, un ufficio, dare le dimissioni: il direttore è stato costretto a dimettersi; il governo si è dimesso. 3. non com. Mettere da parte, dismettere: dimise la consueta boria; ho già dimesso gli abiti invernali. 4. ant. a. Assolvere, perdonare (per es., d. un’ingiuria); condonare (un debito o sim.). b. Concedere, consentire: Se tu avessi ... Atteso a la cagion per ch’io guardava, Forse m’avresti ancor lo star dimesso (Dante).