dicotomia
dicotomìa s. f. [dal gr. διχοτομία «divisione in due parti», comp. di διχο- (v. dico-) e tema di τέμνω «tagliare» (v. -tomia)]. – In genere, divisione o suddivisione in due parti (anche in senso fig., per es. la scissione o frattura o una forte divergenza di opinioni in un organo direttivo, in un partito o sindacato, ecc.); bipartizione, separazione netta tra due elementi: d. tra sentimento e ragione; una rigida, profonda, insanabile d.; s’è aperta una d. all’interno dello schieramento; in filologia testuale, si ha dicotomia quando lo stemma risulta bipartito. Con accezioni specifiche: 1. In filosofia: a. La divisione logica di un concetto in due nuovi concetti, che ne esauriscono l’intera estensione. b. Il primo degli argomenti di Zenone contro il movimento, in cui l’impossibilità del superamento di un dato spazio è dimostrata considerando che un corpo, per percorrere un determinato spazio, dovrà prima superare la sua metà, e prima ancora la metà di questa metà, e così via, giungendo alla progressiva e infinita divisione dello spazio, che rende inconcepibile il moto. 2. Nelle classificazioni biologiche, il rapporto dei due caratteri che si escludono a vicenda, in base al quale si determinano le chiavi o tavole dicotomiche. 3. In botanica, tipo di ramificazione apicale (detto anche dicopodia), nel quale l’apice dell’asse si divide in due apici, i quali continuano l’accrescimento dando origine quindi a due assi secondarî o rami, i quali possono a loro volta biforcarsi una o più volte nello stesso modo; si distingue in: d. eguale, se i due rami sono di sviluppo pressappoco eguale; d. disuguale, se uno dei rami prevale rispetto all’altro. 4. In astronomia, antica denominazione della fase lunare corrispondente al primo o all’ultimo quarto.