dicitore
dicitóre s. m. (f. -trice) [der. di dire, dicere]. – 1. Chi declama versi o prosa in pubblico (sia in senso assol., sia in quanto abbia le qualità richieste per una buona declamazione, sicché si può parlare di un mirabile d., un d. mediocre, ecc.): un accordo suonato mentre un d. legge un brano letterario... fa già nascere un nuovo linguaggio, che non è musica e non è letteratura (Vincenzo Cerami). In partic., fine d., artista del vecchio teatro di varietà, che interpretava con espressività romanze o canzoni alternando al canto una colorita recitazione; oggi, ironicamente, di persona che si compiace di vistosi effetti oratorî. 2. ant. a. Colui che parla, che dice; oratore: fecero loro d. messer Palmieri Abati (G. Villani); quelli che vedevan la faccia del d., e sentivan le sue parole, quand’anche avessero voluto ubbidire, dite in che maniera avrebbero potuto (Manzoni). Anche, buon parlatore. b. D. in rima, poeta, verseggiatore: un Mico da Siena, assai buon d. in rima a quei tempi (Boccaccio).