dicastocrazia
s. f. Il potere dei giudici che tende a imporsi al di là delle proprie competenze e prerogative istituzionali. ◆ nel nostro Paese, chiosa il ministro [Roberto Castelli], «sono ancora forti le spinte oligarchiche, che vogliono sostituire la dicastocrazia (da dike, giustizia in greco ndr) alla democrazia». E una delle «armi più efficaci in mano ai nemici della democrazia è sicuramente quella relativa all’uso illecito delle intercettazioni telefoniche». (Donatella Stasio, Sole 24 Ore, 18 gennaio 2006, p. 5, In primo piano) • «Prendiamo il caso di Abu Omar: in tutti i codici esiste il principio per cui l’esercizio della giurisdizione è sacro, ma in alcuni casi è subordinato agli interessi supremi dello Stato, tant’è che il Guardasigilli può rifiutare una richiesta della magistratura. Oggi invece, con il mandato d’arresto [Ue], il potere passa dalle mani dell’Esecutivo a quelle del potere giudiziario. La “dicastocrazia” non è una mia invenzione, ma un concreto pericolo che sto evocando» [Roberto Castelli intervistato da Liana Milella]. (Repubblica, 29 gennaio 2006, p. 8, Politica).
Composto sulla base del s. gr. dikastés (‘giudice’) con l’aggiunta del confisso -crazia.