diafonia
diafonìa s. f. [dal lat. tardo diaphonia, gr. διαϕωνία «dissonanza», composto di διά, che indica diversità, e ϕωνή «suono, voce»]. – 1. Termine che nel sistema musicale greco significava propriam. dissonanza, come insieme di suoni che, anche combinati, l’orecchio riesce a percepire distinti (in opposizione a sinfonia, che indicava invece la consonanza). Nel medioevo, fu assunto a designare il tipo primitivo di polifonia praticato intorno al 9° sec. d. C. (cioè l’organum) e talvolta anche il discanto. 2. In elettronica, e spec. nei sistemi di telecomunicazione, di registrazione e riproduzione dei suoni, disturbo dovuto alla presenza in un determinato circuito di segnali pertinenti ad altri circuiti, in virtù di scambî di energia tra circuiti diversi; in partic., nelle comunicazioni telefoniche e radiotelefoniche: d. intelligibile (o in chiaro), tipo di diafonia per cui si ha la possibilità di ascoltare su un circuito una conversazione che sta svolgendosi su di un altro circuito; d. inintelligibile, quella che produce nel circuito disturbato un rumore indistinto; d. vicina (o paradiafonia) e d. lontana (o telediafonia), a seconda che le due apparecchiature, disturbante e disturbata, si trovino a una stessa estremità della linea o del sistema di linee, oppure si trovino alle due estremità opposte. Attenuazione di d., in un dato circuito, il livello relativo del segnale perturbante (espresso in decibel o in neper) rispetto al segnale utile.