debole
débole (ant. o region. débile) agg. e s. m. [dal lat. debĭlis]. – 1. agg. a. Che manca o è scarso di forza fisica: il malato è ancora d.; mi sento molto d.; un cavallo d., che non regge alla fatica; per antonomasia, spec. in senso scherz., sesso d., le donne (per la convinzione che la donna sia più debole dell’uomo). Con varie determinazioni, parlando di organi o parti del corpo, che compiono imperfettamente la loro funzione, per difetto organico o per malattia: essere d. di gambe, di petto, di stomaco, di cuore, di reni; avere la vista, l’udito d.; anche di facoltà intellettuali: essere d. di memoria, avere la memoria d., essere facile a dimenticare. Con sign. più specifico (e sostantivato), d. di mente, soggetto con scarse capacità intellettive. b. Per estens., di cosa, che può sostenere poco peso: tavolo d.; seggiola debole. Più spesso, poco intenso, o insufficiente, scarso: luce d., scialba; corrente d., in elettrotecnica, corrente di piccola intensità; un suono d., voce d., di poca sonorità; vino, liquore d., di scarsa gradazione alcolica; moneta d., quella il cui valore legale è divenuto superiore al valore commerciale del quantitativo di metallo fino in essa contenuto o ottenibile mediante operazioni di cambio; mercato d., in cui vi sia tendenza al ribasso del prezzo. In chimica (in diretta contrapp. a forte), di elettrolito che in soluzione acquosa presenta basso grado di dissociazione: acido d., base debole. In fisica, detto di processi determinati dalla forza o interazione debole (v. interazione). In fonetica, con riguardo alla fonologia dell’italiano, sono dette consonanti d. o di grado d. (o anche tenui o di grado tenue, in contrapp. alle consonanti di grado medio e forte), quelle che sono articolate con minore tensione dell’apparato fonatorio (v. consonante, e grado1, n. 3 f). In musica, tempo d., la parte in levare della battuta, quella cioè non accentata o poco accentata; analogam., nella metrica classica, la parte del piede non accentata, cioè la tesi. In tipografia, riga d., linea di composizione scarsa di misura e con lettere e parole eccessivamente distanziate. 2. agg. a. Che non ha sufficiente potenza o autorità o energia: uomo d.; avere un carattere d.; mostrarsi d.; governo d.; anche come s. m. e f.: è un d.; fa il prepotente con i d.; opprimere i deboli. b. Determinato da un complemento, che è meno capace, che dà scarso rendimento in qualche disciplina: alunno d. in latino, in matematica, in disegno. c. Di cosa astratta, che ha poca efficacia: argomentazioni, ragioni assai d.; l’ipotesi si regge su basi assai d.; di opera dell’ingegno, povera di valore artistico o scientifico: un articolo, un componimento d.; un romanzo giovanile ancora d. nell’impostazione e nella rappresentazione dei caratteri; più genericam., scarso: opporre d. resistenza; e come timida espressione di modestia, nella frase secondo il mio d. parere, o sim.: «Quand’è così», riprese il frate, «il mio d. parere sarebbe che non vi fossero né sfide, né portatori, né bastonate» (Manzoni). 3. s. m. Con valore neutro, il d. (con uso prob. esemplato sul fr. le faible), la cosa in cui uno è meno capace: la storia è il suo d. (o il suo punto d.); la parte in cui uno è più vulnerabile o in cui pecca più facilmente: conosco il suo d.; toccare, colpire uno nel suo d. (o nel lato d.); avere il d. del gioco, del bere; inclinazione sentimentale, preferenza: le donne sono il suo d.; il nonno ha un d. per il nipote più piccolo. Con sign. più materiale, il d. della lama, nella scherma, il terzo inferiore della lama, che comprende la punta. ◆ Dim. debolino, debolétto, e più com. debolùccio. ◆ Avv. debolménte, con poca forza, fisica o morale, o in modo insufficiente, imperfetto, con scarsa efficacia, e sim., in relazione alle varie accezioni dell’aggettivo: muoversi, lottare debolmente; reagire, protestare debolmente; sostenere debolmente le proprie ragioni; la lampada ardeva sempre più debolmente; il suono giungeva debolmente all’orecchio, attenuato dalla distanza.