cyberbullo
s. m. Bullo virtuale, che agisce servendosi della rete telematica. ◆ Al bullo, il cyberbullo sta come, nel caso della peste, stavano al virus gli untori. Diffonde, restando incappucciato. S’insinua, ripete, scandisce, ossessiona, pubblicizza, allarga, suggestiona, viola ogni intimità, forza gli sbarramenti, s’infila fin dentro alle case. Non usa coltelli, non dà pugni, né calci, non strappa diari, non costringe nessuno ad umiliarsi, ed a mangiare erba o detersivi, non ruba merende, portafogli, cellulari, non sfregia motorini, non usa rovesciare produzioni corporali negli zaini. Non svolge nessuna delle attività che imperversano in quasi tutte le scuole, dalla seconda elementare e fino alla fine delle medie. (Marida Lombardo Pijola, Messaggero, 10 febbraio 2006, p. 1, Prima pagina) • «Gli adolescenti -- spiega la psicologa Silvia Vegetti-Finzi -- hanno una personalità “liquida”. La Rete gli offre la possibilità di presentarsi agli altri in modi diversi, il pericolo è che, così facendo, stentino a definire la propria personalità». Un rischio che corrono anche gli stessi cyberbulli: «Il web -- continua Vegetti-Finzi -- offre a questi ragazzi l’anonimato, ma li deresponsabilizza ritardando così il raggiungimento dell’età adulta». Così, paradosso del web, a cadere nella Rete sono proprio loro, i bulli. (Giulia Ziino, Corriere della sera, 11 febbraio 2008, p. 23).
Composto dal confisso cyber- aggiunto al s. m. bullo.
V. anche cyberteppista.