culturicidio
s. m. Soppressione, sterminio di una cultura, della cultura. ◆ Queste migrazioni involontarie e forzate, che si credeva appartenessero al passato del continente, conferiscono al nostro presente -- il palcoscenico dove si svolge questo triste spettacolo -- un aspetto terrificante: città e villaggi distrutti, violenze e torture, pulizia etnica, genocidio e «culturicidio» (dobbiamo inventarci un nuovo termine per designarlo), innumerevoli esistenze mutilate e straziate. Sofferenze umane da non potersi descrivere. (Predrag Matvejević, Stampa, 29 marzo 1999, p. 3) • La tentazione della modernità occidentale è quella di costruire la grande torre di Babele in cui c’è posto per tutti, a patto che stiano zitti e buoni nel posto che è stato loro assegnato. Ecco perché il filosofo ispano-indiano [Raimon Panikkar] non vuole sentir parlare di «villaggio globale» ed è allergico alla globalizzazione neoliberista che sta perpetrando un vero «culturicidio». (Francesco Comina, Adige, 9 marzo 2004, p. 16, Cultura & Società) • E infine: gli artisti che scendono in sciopero per impedire il culturicidio dei finanziamenti tagliati dal bieco governo in carica, insomma i Benigni, le Melato, i Maselli, magari avranno pure qualche ragion pratica dalla loro, tuttavia non trovano un po’ umiliante che si leghino le sorti della cultura alla generosità delle erogazioni di Stato, i destini dell’arte agli aiuti politici, il vigore estetico alla mole dei fascicoli ammonticchiati sulle scrivanie di meticolosi funzionari di lottizzata nomina ministeriale? Evidentemente no, non lo trovano umiliante. (Pierluigi Battista, Corriere della sera, 17 ottobre 2005, p. 26, Cultura).
Composto dal s. f. cultura con l’aggiunta del confisso -cidio.
Già attestato nella Repubblica del 19 ottobre 1991, p. 10, Politica estera (Leonardo Coen).