corsivo
agg. e s. m. [lat. mediev. cursivus, der. di currĕre «correre», supino cursum]. – 1. agg., ant. Che corre o scorre: acqua c.; moneta c., moneta corrente. 2. agg. e s. m. a. Riferito a scrittura, carattere c., o assol. corsivo s. m., la scrittura comunemente adottata nello scrivere a mano (contrapp. per es. allo stampatello). In paleografia, detto di molte scritture, caratterizzate dal tratteggio celere e inclinato che spesso unisce le lettere vicine; frequenti nell’uso ordinario e nei documenti, si differenziano da quelle librarie, che hanno tratteggio diritto e calligrafico. b. In tipografia, carattere c., quello che ha l’occhio delle lettere inclinato verso destra, introdotto dall’editore veneziano Aldo Manuzio al principio del sec. 16° e derivato dalla scrittura della cancelleria romana (perciò detto anche corsivo romano, oltre che aldino e italico); accanto alla serie del c. chiaro, che è quello comune, di cui è dotato ogni tipo o stile di caratteri nei varî corpi del tondo corrispondente, si può avere anche la serie del c. neretto (e, più rare, quelle del c. nero e nerissimo). 3. s. m. Nel linguaggio giornalistico, articolo o breve nota, spesso polemica, sui fatti del giorno, su argomenti di attualità, su problemi artistici o letterarî, ecc., stampato, per distinguerlo dagli altri articoli o dargli spicco nella pagina, in caratteri corsivi.