concorsificio
s. m. (iron. spreg.) Fabbrica di concorsi: progressione nella carriera considerata come frutto di un concorso continuo. ◆ Il «concorsificio» viene bocciato dal presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Edmondo Bruti Liberati: «Perché stimolerebbe i magistrati ad una serie infinita di concorsi, distogliendoli dal lavoro ordinario». (Dino Martirano, Corriere della sera, 9 marzo 2003, p. 12, Cronache) • [Giancarlo] Caselli, dunque, è stato l’unico grande protagonista -- anche se il record degli applausi a scena aperta è andato al presidente piemontese dell’Anm, Gianfranco Burdino -- e ha condito il suo intervento con una raffica di battute ad effetto. Il progetto di modifica dell’ordinamento giudiziario? «Una grande occasione sprecata» che trasforma la carriera dei magistrati in un «concorsificio». (Giuseppe Dalla Corte, Gazzetta del Sud, 16 gennaio 2005, p. 4, Interni) • [Nicola] Mancino apprezza proprio la nettezza sulle carriere: «Finalmente non si discute più di separarle, ma c’è una chiara indicazione per una netta distinzione delle funzioni. Il giovane magistrato non dovrà più scegliere subito che mestiere fare e durante la sua vita potrà passare da una funzione all’altra rispettando delle regole. In più cade il “concorsificio”». (Repubblica, 30 novembre 2006, p. 28, Cronaca).
Derivato dal s. m. concorso con l’aggiunta del suffisso -ificio.
Già attestato nella Repubblica del 7 dicembre 1990, p. 25, Cronaca (Stefano Costantini).