coda
códa s. f. [lat. volg. cōda, class. cauda]. – 1. a. Parte assottigliata del corpo dei vertebrati opposta al capo, costituita da un asse scheletrico (regione caudale della colonna vertebrale), da muscoli e da tegumento; lo sviluppo e la funzione variano notevolmente, non solo da classe a classe, ma anche da ordine a ordine, da genere a genere di animali (la c. dei pesci e delle larve degli anfibî serve alla locomozione nell’acqua; la c. degli uccelli serve di sostegno alle penne timoniere; la c. dei canguri serve, insieme con gli arti posteriori, di sostegno al corpo; la c. prensile delle scimmie platirrine serve di appoggio nelle loro acrobazie della vita arboricola, ecc.). Per estens., si dà comunem. il nome di coda anche all’estremità posteriore e assottigliata di molti invertebrati (per es., il postaddome degli scorpioni, l’addome di alcuni crostacei, ecc.). b. Locuzioni: c. lunga, folta; c. mozza o mozzata; c. a ventaglio; muovere, alzare, dimenare la coda. Locuzioni fig.: avere, mettersi la c. tra le gambe, andarsene con la c. tra le gambe, come i cani, ritirarsi mogio mogio dopo un insuccesso; alzare, levare, rizzare la c., imbaldanzire; tirare la c. al diavolo, tirarsi addosso un guaio, mettersi a un rischio; il diavolo ci ha messo la c., ci ha ficcato la c., quando una circostanza imprevista guasta un affare ben avviato; sapere dove il diavolo tiene la c., sapere tutte le cose più segrete, essere pratico d’ogni astuzia; avere la c. di paglia, di chi, non avendo la coscienza tranquilla, si adombra per ogni discorso che ritiene allusivo; non avere né capo né c., di discorso o fatto o lavoro sconclusionato; è un serpente che si morde la c., di fatto o ragionamento che costituisce un circolo vizioso (con sign. simile, essere, sembrare, fare come un cane che si morde la c., frasi adoperate anche con altri sign., allusivi all’inutilità o al ridicolo del movimento del cane che gira intorno a sé stesso per afferrarsi la coda). Colpo di coda, espressione che fa riferimento ai movimenti del pesce nell’acqua (spec. di pesci grossi o squali) e usata con varie accezioni a seconda delle situazioni cui viene applicata: avvio improvviso di un’azione o iniziativa, passaggio da una situazione di stallo a una di attività, improvviso cambiamento di direzione, di orientamento o sim. (ma in questo sign. è più com. colpo di timone), oppure colpo basso e maligno, dato a tradimento, tentativo di ritorsione compiuto da chi si sente ormai perduto o sconfitto, ultima carta giocata per salvarsi o per vendicarsi dell’avversario. Frasi prov.: la c. è la più dura a scorticare, l’ultima parte d’un lavoro è la più difficile; nella c. sta il veleno, traduzione del prov. lat. in cauda venenum. c. Come termine di cucina, la coda dell’animale macellato, soprattutto dei bovini, e le preparazioni che se ne fanno: c. in umido, c. alla vaccinara (v. vaccinaro). 2. Per analogia: a. In anatomia, la parte più assottigliata di alcuni organi (c. del pancreas, c. dell’epididimo, ecc.). Similmente, nell’uso com., c. dell’occhio, l’angolo esterno, soprattutto nella locuz. guardare con la c. dell’occhio, di traverso, senza farsene accorgere. b. In botanica, prolungamento sottile di certi organi, che si riscontra per es. in alcuni frutti (vitalba), nel connettivo delle antere, ecc. Più genericamente, nel linguaggio com., l’estremità opposta al capo in alcune piante: la c. degli agli, delle cipolle. c. Coda equina: in anatomia, il fascio delle radici spinali della regione lombare, sacrale e coccigea che, partendo dall’estremità inferiore del midollo spinale, discendono nel canale vertebrale, con una disposizione a ciuffo che è stata paragonata alla coda di un cavallo (più frequente nella forma lat. scient. cauda equina). In botanica, c. equina, v. coda cavallina. d. Coda dei fauni: nel linguaggio medico, l’esagerato sviluppo di peli nella regione del sacro e del coccige. 3. Altri usi estens.: a. Chioma lunga che scende dietro le spalle delle donne, per lo più in forma di treccia; portata un tempo anche dagli uomini e detta comunem. codino; di qui l’espressione fig. essere una c., o più spesso un codino (v.), un reazionario, perché i reazionarî furono gli ultimi a smettere quella moda. È detto invece c. di cavallo il ciuffo di capelli, non intrecciati, che scende libero dietro le spalle, chiuso all’inizio da un anello, da un fermaglio, da un nastro annodato. b. Strascico di vestiti, di manti, a scopo d’ornamento: una c. lunga due metri; i caudatarî reggono la c. del vescovo; la c. della sposa era sorretta da due paggetti; giubba a c., o c. di rondine (v. coda di rondine); mettersi in code, in marsina. c. Parte più appariscente delle comete, che si sviluppa in direzione opposta a quella del Sole, generalmente quando la cometa passa al perielio, per effetto della pressione della radiazione solare. d. Prolungamento simile a coda: c. dell’affusto; c. del velivolo, del dirigibile, parte posteriore terminale che comprende gli organi di stabilità e comando sia longitudinali che direzionali; pianoforte a coda, con corde orizzontali; c. della tonnara, lunga rete verticale che collega alla riva la tonnara per avviare i tonni alla cosiddetta «isola delle reti». Nelle armi da fuoco portatili: c. del cane, la parte del cane su cui fa forza il pollice per armarlo prima dello sparo; c. del grilletto, la parte sagomata del grilletto su cui l’indice fa forza per far partire il colpo; c. del castello, struttura metallica su cui vengono applicate le guance dell’impugnatura della pistola (nella coda del castello delle pistole automatiche ha sede il caricatore). e. C. di una cambiale, nel linguaggio banc., lo stesso che foglio di allungamento di una cambiale. f. Asta d’una lettera d’alfabeto, sporgente sotto il rigo: la coda della p, della q. g. Parte estrema; nell’attrezzatura navale, estremità di un cavo; per l’espressione c. di ratto o c. di topo, v. quest’ultima locuz. al suo luogo alfabetico. h. volg., non com. Membro virile. 4. fig. a. Chiusa di uno scritto o d’un discorso; aggiunta, appendice. In partic., coda del sonetto, i versi che s’aggiungono ai 14 del sonetto, distribuiti in strofette di un settenario e due endecasillabi accoppiati, con la rima dell’ultimo verso d’ogni strofetta ripresa nei primi due della successiva; sonetto con la c., sonetto caudato, sonettessa. b. Periodo (o gruppo di periodi) che spesso s’aggiunge all’ultima parte ordinaria di un pezzo di musica strumentale. c. Parte finale di una fila: la c. del treno; il vagone di c., l’ultimo; fanalino di c., che mostra, nel buio, dove finisce il treno (e per traslato scherz., l’ultimo in una graduatoria); la c. d’una colonna in marcia; gli uomini di c. (ma detto in contrapp. a capo, indica gli ultimi d’una gerarchia: i capi e le c.; non sono capo ma neanche c.); mettersi in c., fare la c., far la fila, mettersi in fila davanti a uno sportello, a un banco e sim., aspettando il proprio turno: fare la c. alla biglietteria della stazione. d. Continuazione, strascico: c. sonora, in acustica, prolungamento di un suono, emesso in ambiente chiuso, causato dalle molteplici riflessioni successive delle onde sonore sulle pareti (la sua durata dipende essenzialmente dal volume dell’ambiente e dalle proprietà assorbenti delle pareti); serie di effetti, di conseguenze: mostratogli la c. che poteva aver questa cosa (Machiavelli); la faccenda ha avuto una lunga coda. e. Nelle operazioni tecnologiche, l’insieme dei prodotti residuati; nella distillazione di miscele di più componenti, prodotto di coda (o code), in contrapp. a prodotto di testa, la parte residuata dalla distillazione di una miscela o la parte che distilla per ultima. f. In cinematografia, pezzo di pellicola inutilizzata o impressionata di scarto, che viene ancora usata in operazioni tecniche del film (per es., alla fine o all’inizio dei rulli per risparmiare deterioramenti diretti al film); c. sonora, il pezzo di pellicola, inciso con una frase musicale, che alla fine del film qualche volta accompagna la proiezione dell’elenco degli interpreti. g. Nella ricerca operativa, è detta teoria delle code l’applicazione dei metodi statistici e probabilistici allo studio delle situazioni nelle quali si crea un’attesa per usufruire di un servizio (code davanti a uno sportello, chiamate telefoniche, problemi del traffico, ecc.): essa determina, tra l’altro, il numero medio di clienti presenti nella coda, la durata media dell’attesa, il tempo nel quale il servizio rimane inutilizzato. 5. ant. Code di redenzione, le quote d’ammortamento del debito della Repubblica di Genova verso la metà del sec. 13°, quando fu data una prima sistemazione alle scritture contabili del Banco di S. Giorgio e, a seconda delle gabelle a ciò destinate, si ebbero code del sale, code del grano, ecc. ◆ Dim. codina, codino m. (v.), codìnzolo m. (v.), codétta (v.); accr. codóna, e codóne m., con sign. partic. (v. codóne1); pegg. codàccia.