cocktail
‹kòkteil› s. ingl. [propr. «coda (tail) di gallo (cock)», ma la formazione della parola non è certa; tra le varie etimologie proposte, la più probabile e più accolta è quella che ritiene la voce una riduzione dell’angloamer. cocktailed (horse) «cavallo cui è stata parzialmente tagliata la coda, che si raddrizza come quella di un gallo», da cui «cavallo bastardo» (in quanto tale operazione non veniva fatta su cavalli di razza), e per estens. «uomo imbastardito», e infine (inizio sec. 19°) «bevanda bastarda» preparata cioè con un miscuglio di varî ingredienti] (pl. cocktails ‹kòkteil∫›), usato in ital. al masch. – 1. Bevanda alcolica costituita in genere da una miscela di vermut o vini da dessert, a volte anche di champagne, oppure succhi di frutta, con liquori forti, dolci oppure secchi (whisky, gin, cognac, vodka, ecc.), talora con l’aggiunta di aromi o liquori amari, preparata in proporzioni assai variabili al momento dell’uso e sbattuta o mescolata, per lo più con ghiaccio in frantumi, in un recipiente chiuso (detto shaker) o in apposito bicchiere. 2. Lo stesso che cocktail-party (v.). 3. a. estens. Come termine generico, preparazione gastronomica formata con varî ingredienti; particolarm. noto e diffuso il c. di scampi (o di gamberetti, o anche d’aragosta), raffinato antipasto ottenuto con code di questi crostacei lessate e, se necessario (come nel caso dell’aragosta), tagliate a pezzetti, presentate in una coppa di cristallo sopra foglie di lattuga e ricoperte con una sorta di maionese leggera e vellutata, preparata sbattendo insieme tuorlo d’uovo sodo schiacciato, senape, olio, succo di limone, sale, pepe, salse aromatiche, cognac o brandy e panna liquida. b. fig. Miscuglio di più cose o elementi (cfr. l’uso simile di macedonia): un profumo ottenuto con un c. di varie essenze orientali; un c. di canzoni; un c. di razze; un cocktail di farmaci.