cinghia
cìnghia (pop. tosc. cigna) s. f. [lat. cĭngŭla «cintura», der. di cĭngĕre «cingere»]. – 1. Striscia, per lo più di cuoio o di tessuto forte (oggi anche in materia plastica), che serve, munita di fibbia, a sostenere i calzoni, o per altri usi, come portare il fucile ad armacollo (infilata in apposite magliette e fermata da bottoni metallici), assicurare la chiusura di valigie e borse; più cinghie servivano a legare la sella, sostenere la cassa della carrozza, e simili; cinghie di canapa, nailon o altro analogo materiale si usano per tirare gli avvolgibili. Il plur. è stato adoperato anche per indicare le bretelle (cinghie o cinghie elastiche). Di uso com. la locuz.: tirare la c., stringerla di più al ventre, di persona che dimagrisce; più spesso fig., soffrire la fame o altra privazione per mancanza di alimenti o per crescenti restrizioni economiche. 2. In meccanica, organo flessibile, comunem. detto c. di trasmissione, in forma di nastro chiuso (di spessore, larghezza e costituzione assai varî a seconda degli usi), che ha la funzione di trasmettere il movimento da un elemento all’altro di una macchina: c. piatte, cinghie che servono a trasmettere il moto tra alberi paralleli o sghembi muniti di pulegge; c. a sezione trapezoidale, cinghie che corrono entro pulegge a gola o a V, molto diffuse, spec. per la trasmissione di piccole e medie potenze. In senso fig., nel linguaggio polit., c. di trasmissione, rapporto di dipendenza che lega organismi, associazioni, gruppi non partitici a un partito (riferito soprattutto a sindacati). ◆ Dim. cinghiétta; accr. cinghióne m. (v.). Dalla variante cigna si hanno il dim. cignettina, e l’accr. cignóne m.