cima
s. f. [lat. cȳma «germoglio, parte terminale e più tenera di alcune piante» e nel lat. pop. «cima», dal gr. κῦμα «feto, germoglio», der. di κύω «concepire»]. – 1. a. La parte più alta, punta, sommità di qualche cosa: la c. del campanile; in c. alla scala. Con sign. generico, luogo alto: Questo tuo grido farà come vento, Che le più alte c. più percuote (Dante). Come termine geografico, la parte più alta di un rilievo collinare o montuoso; ma talvolta anche tutto il rilievo stesso, spec. quando non sia molto esteso e sia isolato tutto intorno da intagli abbastanza marcati. In araldica, la parte superiore del padiglione, detta anche colmo o cappello. b. Parlando di superfici piane, la parte situata più vicino all’estremità, orlo: in c. alla riva; quel vaso è troppo in c. alla tavola. c. D’altre cose, estremità in genere, parte terminale: la c. dei capelli (fig., averne fino alla c. dei capelli, essere stufo di qualche cosa, essere ai limiti della sopportazione); cime di rapa, l’infiorescenza della rapa, sinon. di broccoli di rapa. d. Locuzioni: in c. in c., proprio nella parte più alta o estrema; da c. a fondo, tutto quanto, dall’alto in basso, da capo a fondo, dal principio alla fine: hanno perquisito la casa da c. a fondo; s’è dovuto rifare tutto il lavoro da c. a fondo. 2. Usi fig.: a. Il grado più alto: scambiamo per c. dell’arte la fotografia (Carducci). b. Avere, mettere qualcuno in c. ai proprî pensieri, pensarci spesso, farne l’oggetto principale. c. scherz. Persona eminente per ingegno e sapere, dotata di gran talento: che c. d’uomo!; quella donna è una c.; non è davvero una c., però è un uomo onesto; Per morto era una cima, Ma per vivo era corto (Giusti); dodici anni. Ed era il capo ... Non era una c., ma era grosso, forte e coraggioso (Niccolò Ammaniti); anche, c. di galantuomo, c. di birbante. 3. In botanica: a. C. di un albero o di un ramo, la parte terminale del fusto o del ramo, cui si attribuisce funzione di equilibrio riguardo all’assorbimento e alla distribuzione della linfa (funzione di cima). b. Ramificazione a cima, tipo di ramificazione nel quale l’apice dell’asse primario cessa a un certo punto il suo accrescimento (con la produzione di un fiore o di un’infiorescenza, oppure per il disseccamento e caduta della gemma apicale), e viene sorpassato dai suoi assi secondarî o rami, i quali a loro volta si ramificano nello stesso modo; a seconda del numero dei rami sottostanti all’apice, si distingue una c. multipara, una c. bipara e una c. unipara (o monocasio). c. Infiorescenza a cima, il tipo corrispondente d’infiorescenza, nel quale al posto dei rami vegetativi si hanno rami fioriferi o peduncoli fiorali. d. C. elicoide, infiorescenza a cima unipara, tipica dell’iperico, alla quale si dà anche il nome di bostrice. 4. In marina, estremità d’una fune; e genericam. ogni cavo di fibra vegetale (canapa, manilla, ecc.) di medie dimensioni: gettare la c. (a terra), prendere la c., nella manovra di attracco; dare volta alla c., legarla, fissarla; fig., dare la c., essere più veloci di un altro galleggiante e quindi in condizioni di poterlo prendere a rimorchio. 5. Nome region. di alcuni tagli di carne bovina, come la punta di petto (propr. cima di petto), la pancetta e altri. In gastronomia, cima alla genovese (o anche c. ripiena), piatto tradizionale genovese, costituito da una specie di tasca ottenuta incidendo per lungo, nel mezzo, un pezzo di petto o di pancetta di vitello, che viene poi riempita di un tritato di magro di vitello, animelle, mortadella, piselli, mollica di pane bagnata nel latte, ecc.; si cuoce in acqua aromatizzata e si serve calda o fredda. ◆ Dim. cimétta, cimettina, non com. cimina, e cimino m. (v. cimino1).