che1
che1 〈ké〉 cong. [lat. quia, quod e altre cong.] (radd. sint.). – 1. Come cong. subordinativa, introduce: a) prop. dichiarative, cioè soggettive o oggettive: è possibile che io ritardi; so che accetterai; in questo tipo di proposizioni talvolta che è sottinteso: temo non venga; preferivo venisse lui stesso; b) prop. causali: ti ringrazio che sei venuto; sono lieto che vi siate riconciliati; c) prop. consecutive: cammina che pare zoppo; copriti che tu non senta freddo; che ha che piange?; cos’è successo che non ti si vede più?; con questa funzione, è di solito correlativo ad agg. o avv. come tale, tanto, così e sim. (ero tanto turbato che non capivo più nulla), o fa parte delle locuz. in modo che, al punto che, a tal segno che e sim.; d) prop. finali: procura che tutto sia in ordine; fatelo sedere che si riposi; e) prop. temporali: sono tornato che non erano ancora le cinque; spec. posposto a un participio passato: passata che fu la tempesta; saputo che l’ebbe; in proposizioni di questa specie, ora vale «quando» (ero appena uscito, che lo incontrai), ora «da quando» (saranno due settimane che non l’ho più visto), ora «dopoché» (mangiato che ho, ritorno nell’osteria, Machiavelli). 2. In altre prop. subordinate, può avere valore esclusivo, di «senza che»: come posso avere una cosa io, che non ne dia parte anche a te?; limitativo, di «per quanto»: non è venuto, ch’io sappia; eccettuativo, in correlazione con altro, altri, altrimenti, talora anche sottintesi: non pensa che a sé, o ad altro che a sé; pare che non ci sia che lui, o altri che lui; non sa agire che così, o altrimenti o in altro modo che così. 3. Ha impiego molto largo nelle comparazioni, sia per introdurre un secondo termine di paragone dopo un comparativo (corre più veloce che il vento o del vento; hai più fortuna che giudizio; è più astuto che intelligente) o in correlazione con tanto, lo stesso (vale tanto questo che quello; far male un lavoro è lo stesso che non farlo), o in espressioni quali: è più che certo, è più che facile, è più bello che mai, è più sicuro che mai, le quali hanno valore quasi di superlativi; sia per introdurre prop. comparative (hai avuto più che non ti spettasse; è andata meno male che non si temesse). 4. Si unisce molto spesso con avverbî, preposizioni e altre parole per formare congiunzioni composte (perché, cosicché, ancorché, finché, ecc.) o locuz. congiuntive (sempre che, a patto che, con questo che, a tal punto che, appena che, atteso che, ecc.), per il sign. delle quali si veda alle singole voci o ai lemmi (causale, finale, consecutivo, condizionale, ecc.) dove sono esaminate le varie specie di prop. subordinate. 5. Meno frequente è l’uso del che come cong. coordinativa, nelle formule correlative o che ... o che ..., sia che ... sia che ...; per es.: O che solenne come un monumento Tu guardi i campi liberi e fecondi, O che al giogo inchinandoti ... (Carducci); o, con funzione avversativa, nella locuz. se non che (v. sennonché). 6. Molte volte è usato per formare espressioni rafforzative; per es., non ch’io voglia ..., non ch’io creda ... e sim., o seguito da se in prop. ipotetiche (che se non sai come fare, rivolgiti a me); e spec. in frasi interrogative (che gli si possa credere?; forse che non lo sai?), desiderative, così in augurî come in imprecazioni (che tu sia benedetto; che ti pigli un accidente), o imperative e concessive (che passi; che venga pure). ◆ Nella scrittura può subire o no l’elisione davanti a vocale (sono certo ch’è stato lui), ma nella pronuncia l’elisione si fa molto spesso, spec. davanti a un’altra e.