cece
céce (pop. tosc. cécio) s. m. [lat. cĭcer]. – 1. a. Erba annua (lat. scient. Cicer arietinum) delle leguminose papiglionacee, alta circa 30 cm, con fiori piccoli bianchicci o azzurro-porporini; ha legume vescicoloso con 1-2 semi rotondeggianti, bernoccoluti, di colore giallastro o rossiccio o nero, mangerecci. È coltivato dalla più remota antichità; in Italia soprattutto nel Mezzogiorno e nelle isole, talora in coltura specializzata, ma non di rado consociato al granturco. b. Il seme di Cicer arietinum, che si consuma maturo e disseccato, in minestra o come contorno. c. Locuzioni fig.: non saper tenere un c. in bocca, essere incapace di mantenere il minimo segreto; parlare col c. in bocca, alterando con affettazione la pronuncia della c palatale; avere il c. nell’orecchio (o assol. avere il c.), essere sordo; è come cercare un c. in mare (o in duomo), quando si è smarrita una cosa assai difficile a ritrovare. 2. estens. Escrescenza carnosa in forma del seme di cece; anche, il rigonfio carnoso che i cigni hanno nella parte superiore del becco. 3. fig., fam. Bimbo, ragazzo, come espressione vezz. con allusione alla piccolezza. In altro senso, iron., bel c., birba, bellimbusto, damerino: s’è innamorata di quel bel c.; è un bel c., è un tipo singolare. 4. Cece di terra: altro nome dell’arachide. ◆ Dim. cecino, anche in senso fig. e vezz.: il mio cecino!; o riferendosi a persona un po’ presuntuosa, e sim.: guarda il bel cecino! È usato anche il femm. cecina, riferito a donna giovane e graziosa.