cavaliere
cavalière (ant. cavalièro e cavallière) s. m. [dal provenz. cavalier, fr. ant. chevalier, che risalgono al lat. tardo caballarius, der. di caballus «cavallo»]. – 1. a. Chi sta a cavallo, chi va abitualmente a cavallo: il cavallo s’imbizzarrì e buttò a terra il c.; essere un buon c., un bravo c., sapere star bene in sella, essere abile nel cavalcare. b. Nel medioevo e nel principio dell’età moderna, guerriero a cavallo: Io vidi già cavalier muover campo (Dante); si vedea davanti Passar distinti i c. e i fanti (T. Tasso). c. Di qui il sign. più generico di guerriero, eroe: Oh gran bontà de’ cavallieri antiqui! (Ariosto); c. senza macchia e senza paura, appellativo attribuito originariamente (nella forma francese, chevalier sans peur et sans reproche) al Baiardo (cioè a Pierre Terrail signore di Bayard, che dal 1494 al 1524 prese parte a tutte le guerre dei re di Francia, divenendo famoso per la sua bravura e lealtà di combattente), e rimasto nell’uso con valore generico ed estens., di solito scherzoso. 2. In Roma antica, appartenente all’ordine equestre, ordine che costituiva una classe sociale ben distinta cui erano riservati il grande commercio e l’assunzione dei pubblici appalti, occupazioni vietate invece ai senatori; durante l’impero, l’autorità dei cavalieri crebbe ancor più, perché erano loro affidati quasi tutti gli uffici della burocrazia imperiale. 3. Nel medioevo, chi apparteneva alla cavalleria. C. erranti, nei poemi e romanzi cavallereschi, i cavalieri che andavano girando in cerca d’avventure nobili e rischiose, sempre pronti a prendere le difese delle donne, dei deboli, degli oppressi; scherz., essere un c. errante, vagare da luogo a luogo per diversi motivi. 4. Usi estens. del prec., per il concetto di nobiltà, lealtà, coraggio e generosità che era connesso con il grado e la dignità del cavaliere. a. Nobile in genere, contrapposto a plebeo: era un c. e sdegnava il contatto con gente volgare. b. Campione, difensore: un fervente c. dell’ideale; farsi c. di Cristo, della fede; veramente questo è il campo e lo esercito de’ c. di Dio (Fior. di s. Franc.). c. Chi si comporta nobilmente, con signorilità di modi, da gentiluomo, ed è spec. gentile, premuroso e rispettoso con le donne: avere modi, tratti da perfetto c.; comportarsi da vero c.; sii c., cedi il posto alla signora. d. Nei balli e in società, chi balla con una dama o chi l’accompagna; anche, più genericam., chi accompagna una donna in occasioni di vario tipo: se devi uscire, ti faccio io da c.; mi ha fatto da c. per tutta la strada. e. C. servente, nel sec. 18°, nobile (detto anche cicisbeo) che serviva galantemente una signora accompagnandola dovunque; per estens., damerino, spasimante. 5. a. Titolo nobiliare, ereditario e trasmissibile, che nella gerarchia araldica segue quello di nobile; c. germanici, quelli insigniti del titolo del Sacro Romano Impero; c. napoleonici, quelli insigniti del titolo del primo Impero. b. Grado degli ordini cavallereschi (che, negli ordini distinti in più classi, è in genere il grado inferiore): c. della Corona d’Italia; c. al merito della Repubblica; c. al merito del lavoro; c. dell’Ordine di Malta, ecc. c. scherz. C. d’industria, chi si spaccia per quello che non è per acquistar credito; la denominazione deriva dal romanzo picaresco Historia de la vida del Buscón (1626), in cui si narra di un’associazione di birbanti che ha scelto come propria patrona l’Industria. 6. Nell’età dei comuni, titolo di ufficiali di grado inferiore (detti in alcuni luoghi c. compagni o c. di corte) che coadiuvano il podestà o il capitano del popolo nelle funzioni esecutive (operazioni di polizia, vigilanza sulla grascia e sulle strade, ecc.); sotto i principati il cavaliere si ridusse a cancelliere di tribunale, a capo di sbirri, e infine si confuse col bargello. 7. ant. Nel gioco degli scacchi, il pezzo ora detto cavallo: muover dovea il cavalier suo per dar scacco matto al re (Boccaccio). 8. ant. a. Tratto di ramparo di una fortezza più elevato di quello del corpo di piazza, avente lo scopo di permettere di battere con l’artiglieria i punti al coperto del ramparo principale e di continuare la difesa anche dopo la caduta del ramparo antistante. b. Dalla posizione dominante di esso, la locuz. essere, stare a c. di (a) un luogo, riferita a un’altura, a una costruzione che sovrasti un luogo, lo domini: il castello dell’innominato era a c. a una valle angusta e uggiosa, sulla cima d’un poggio (Manzoni); fig., a c. di due secoli, fra due secoli, in un periodo di tempo che comprende la fine di un secolo e l’inizio di quello successivo. 9. Nome dato nel sec. 15° a monete d’oro che hanno per tipo il sovrano a cavallo (in partic., di Giovanni II re di Castiglia e di Filippo il Buono duca di Borgogna). 10. In alcune regioni (Lunigiana, Veneto, ecc.) è così chiamato il baco da seta, forse per il suo modo di camminare: il verme, che cavaliero in queste parti è nominato (T. Tasso). 11. In anatomia, c. dell’aorta, biforcazione terminale dell’aorta addominale, da cui prendono origine le due arterie iliache comuni. ◆ Dim. cavalierino, con accezioni partic. (v.).