catenaccio
catenàccio s. m. [lat. tardo catenaceum, der. di catena «catena»]. – 1. a. Spranga o cilindro di ferro (raramente di legno) che scorre entro appositi anelli fissati ai due battenti di un uscio per tenerlo chiuso (generalm. gli anelli sono fissati sulla cartella fermata con viti o chiodi ai battenti); chiavaccio, chiavistello: chiudere, serrare col c., e con lo stesso sign. mettere il c., dare il c., o più efficacemente dare tanto di c., chiudere con tanto di catenaccio. b. fig., spreg. o scherz. Apparecchio, meccanismo e sim., vecchio e in cattivo stato (cfr. catorcio): quest’automobile è ridotta ormai a un c. inservibile. 2. Decreto c., decreto legge (di solito relativo a materie fiscali, come per es. aumento di dazî, imposte indirette, ecc.), così denominato perché emanato in forma tale da evitare fenomeni di incetta di merci o di evasioni fiscali che avverrebbero se il provvedimento venisse conosciuto prima della sua entrata in vigore (come si verificherebbe se venisse emanato sotto forma di legge). 3. a. Nel gioco del calcio, difesa a c., o semplicem., catenaccio (accezione di origine svizzera, calco del fr. verrou, ted. Riegel), tattica difensiva applicata da una squadra (generalmente debole) che arretra varî giocatori della linea mediana o attaccante: giocare col c., fare il catenaccio. b. Per estens., e in senso più generico, fare c., assumere un comportamento rigidamente difensivo, riferito per es., nel linguaggio sindacale, a datori di lavoro che rifiutano la discussione e le trattative con l’opposizione. 4. Nel linguaggio giornalistico, scritta che si dispone sotto ai titoli per illustrarne qualche particolare. ◆ Dim. catenaccétto.