bunkerizzazione
s. f. La volontà di isolarsi, di rinchiudersi in un luogo protetto e inaccessibile. ◆ anche il televisore, da strumento collettivo e familiare, comincia a diventare individuale: ciascuno guarda il proprio. Il processo di bunkerizzazione, sostiene la ricerca, crea molte solitudini e nuovi drammi. «Per le famiglie così isolate - osserva il presidente di Makno Mario Abis - vi può essere tutta una serie di derivati psicotici». (Repubblica, 24 novembre 2002, p. 24, Cronaca) • Oggi, scrive [Paul] Virilio, l’immagine è dappertutto, già preconfezionata. Portata in casa nostra, al nostro domicilio, uguale ovunque ma vissuta in modo solitario e passivo. Soprattutto l’immagine della paura (guerre, attentati, catastrofi, violenza quotidiana) che produce uno «stato d’assedio» permanente - ed ecco le psicosi collettive, la voglia di rinchiudersi in se stessi (la «bunkerizzazione»). (Lelio Demichelis, Stampa, 24 luglio 2004, Tuttolibri, p. 7) • l’esposizione [«Lo specchio sudafricano», allestita nel Centre de Cultura Contemporània di Barcellona], oltre alle forme di separazione sociale, segnala fra l’altro l’ossessione sicuritaria e la bunkerizzazione delle ville dei ricchi; (Marcello Lorrai, Manifesto, 23 gennaio 2008, p. 15, Visioni).
Derivato dal v. tr. bunkerizzare (a sua volta derivato dal s. ingl. bunker) con l’aggiunta del suffisso -zione.
Già attestato nella Repubblica del 6 settembre 1991, p. 8, Politica estera (Franco Fabiani).