bullying
s. m. inv. Bullismo, maltrattamento, intimidazione, vessazione, violenza psicologica perpetrata in una scuola o in un posto di lavoro. ◆ Daniel era piccolo fisicamente e timido. «Sembrava una nullità», ha raccontato al processo la compagna di classe Melissa Smith, e gli altri se ne approfittavano. Lo prendevano in giro, lo picchiavano, gli sputavano addosso, lo allontanavano, perché non si lavava. In America questo comportamento si chiama «bullying», cioè fare i bulli prepotenti, e nelle scuole è una specie di epidemia. (Paolo Mastrolilli, Stampa, 8 ottobre 2003, p. 16, Cronache Italiane) • Deriva da «to mob» e significa accerchiare, attaccare, aggredire. La sottile guerra, combattuta in quella inusuale trincea che è il posto di lavoro, ha un vissuto senza confini lessicali. I modi di dire cambiano a seconda del Paese in cui la sopraffazione viene perpetrata: in Norvegia e Giappone è il bullying; in Italia, Svezia, Francia, Germania e Est europeo, si parla di mobbing. Ma non manca l’esplicito bossing. (Giuseppe Del Bello, Repubblica, 17 dicembre 2005, Napoli, p. XXV) • La definizione di bullismo si richiama all’inglese bullying, indica cioè la messa in atto di una serie di episodi di reiterata, squilibrata e intenzionale prevaricazione a danno di coetanei che si sviluppano in ambiente scolastico tra soggetti di età compresa tra i 6 e i 19 anni e per la maggior parte in contesti di gruppo o di branco: mobbing in età evolutiva. (Aldo Grasso, Corriere della sera, 22 settembre 2007, p. 51, Spettacoli).
Dall’ingl. bullying, a sua volta derivato dal s. ingl. bull (‘toro’).
Già attestato nella Repubblica del 17 maggio 1995, p. 31, Cultura (Massimo Ammaniti).