brigatese
s. m. Linguaggio tipico delle risoluzioni e dei comunicati diffusi dalle Brigate Rosse. ◆ alcune indicazioni risalgono a un periodo - la metà degli anni Novanta - in cui verosimilmente non era stato ancora pianificato il passaggio all’«iniziativa disarticolante», che in brigatese significa omicidio. (Giovanni Bianconi, Corriere della sera, 20 ottobre 2004, p. 1, Prima pagina) • Osserva oggi Alberto Franceschini, che di [Mario] Sossi fu l’inquisitore incappucciato: «Per ragionare in brigatese, lui non era il “cuore dello Stato”: già allora, nel documento di rivendicazione, sottolineavamo come il “cuore dello Stato” fosse non una persona ma un progetto, un piano all’interno del quale quella persona era inserita. In quel momento, egli rappresentava il punto di partenza della nostra linea strategica di attacco a quello che chiamavamo “il progetto neogollista di riforma reazionaria dello Stato”. Senza l’“azione Sossi”, credo che non ci sarebbe stato il “sequestro Moro”». (Vincenzo Tessandori, Stampa, 19 ottobre 2006, p. 13, Cronache Italiane) • «Uomini delle Brigate rosse»: un Papa, Paolo VI, li pregò «in ginocchio». E tuttavia lascia ancora dubbiosi la longevità espressiva del «brigatese» e dei suoi incredibili tic: la «Risoluzione» della «Direzione Strategica», la «nostra Organizzazione» (notare la maiuscola), «l’attacco al cuore dello Stato»; uno Stato sempre qualificato come «Imperialista delle Multinazionali», formula che abitualmente - e parecchio ci scherzò su «Il Male» - si accorciava ne «lo Sim». (Filippo Ceccarelli, Repubblica, 5 ottobre 2007, p. 44, Cultura).
Derivato dal nome proprio Brigate (Rosse) con l’aggiunta del suffisso -ese.
Già attestato nella Repubblica del 14 maggio 1989, p. 21, Cronaca (Silvana Mazzocchi).