bifronte
bifrónte agg. [dal lat. bifrons -ontis, comp. di bi- «due» e frons «fronte»], letter. – 1. Che ha due fronti, due facce: un’erma b.; di solito come appellativo di Giano, antica divinità romana il cui compito sarebbe stato quello di presiedere ai passaggi, in senso ampio (dal suo nome deriverebbe infatti sia quello della porta, lat. ianua, sia quello del mese di gennaio, lat. Ianuarius), e a tale funzione sarebbe connessa la raffigurazione tradizionale del dio con due facce opposte. Fig., bifronte, o anche Giano b., di persona che parla in un modo e agisce in un altro, quindi doppia, ambigua, sleale. 2. Versi b., versi, di cui lasciarono esempî i Greci e i Romani, che, letti a rovescio, lettera per lettera, riproducevano sé stessi; furono detti anche palindromi o anaciclici o cancrini (dal lat. cancer, il gambero) o sotadici, dal poeta greco Sotade, che si diceva fosse stato il primo a farne. È famoso il verso latino (di tradizione scolastica) ispirato dalle falene: in girum imus nocte et consumimur igni; e noto anche quello, che si trova in antiche iscrizioni latine: Roma tibi subito motibus ibit amor. 3. In enigmistica, bifronte (s. m.) o palindromo, gioco consistente appunto in una parola che letta a rovescio riproduce sé stessa o forma una parola di diverso significato; esempî: anilina; ossesso; enoteca = acetone; egida = Adige. Se da una parola si ottiene una frase si ha il b. a frase: animale = è la mina; attorniare = era in rotta; se da una frase si ottiene la stessa o un’altra frase si ha la frase bifronte: è presa la serpe. Se il rovesciamento di una parola o di una frase avviene sillaba per sillaba, si ha il b. sillabico: co-mi-co; ca-ni-co-la = la-co-ni-ca; so-na-to-ri ve-ri = ri-ve-ri-to na-so.