antropofagia
antropofagìa s. f. [dal gr. ἀνϑρωποϕαγία, comp. di ἄνϑρωπος «uomo» e -ϕαγία «-fagia»]. – L’essere antropofago, il cibarsi di carne umana, come uso (detto anche cannibalismo) diffuso in passato presso alcune società primitive (Africa centrale e centro-merid., talune zone dell’Asia sud-orientale e insulare, Oceania, Amazzonia, ecc.): a. endocannibalica o esocannibalica, a seconda che le vittime fossero scelte nel proprio gruppo sociale (individui morti per cause naturali, bambini indesiderati, ecc.), oppure al di fuori di esso (nemici uccisi in battaglia, stranieri catturati, ecc.); a. profana, legata a necessità alimentari; a. giudiziaria, a spese degli individui condannati a morte per delitti o altri motivi; a. rituale, in cui si consumavano le carni delle vittime sacrificate in relazione a riti religiosi; a. magica, in cui si consumavano la carne, il grasso e determinati organi (cuore, fegato, ecc.) di un defunto per appropriarsi magicamente del coraggio, della forza o di altre sue facoltà.