anomalia
anomalìa s. f. [dal gr. ἀνωμαλία, lat. anomalĭa; v. anomalo]. – Irregolarità, difformità dalla regola generale, o da una struttura, da un tipo che si considera come normale: le a. della natura; anomalie nel carattere di una persona; un’altra a. di quel fabbricato era la moltitudine dei fumaioli (I. Nievo). Con accezioni specifiche: 1. In linguistica, con riferimento alle lingue classiche, irregolarità di rapporti tra gli elementi linguistici, che i grammatici greci della scuola di Pergamo (detti perciò anomalisti) consideravano come il principio fondamentale della lingua, in opposizione all’analogia sostenuta invece dai grammatici alessandrini. Nella grammatica moderna, il comportamento di un elemento lessicale le cui forme flessive si discostano dalla flessione normale. 2. In biologia, deviazione, per lo più ereditaria o congenita, che, secondo che sia a carico della conformazione, o di una funzione, o della costituzione dell’organismo, si distingue in a. anatomica, a. funzionale, a. di costituzione. 3. In astronomia, termine usato anticam. per esprimere le irregolarità, o più precisamente la non circolarità, delle orbite planetarie; nell’astronomia moderna indica l’angolo, variabile col tempo, che il raggio vettore, congiungente il centro dell’orbita con il corpo celeste che descrive l’orbita ellittica, forma con l’asse maggiore di questa. 4. In matematica, sinon., in alcuni casi (ma oggi poco usato), di angolo; per es., nelle coordinate polari, anomalia o azimut di un punto; nella rappresentazione geometrica dei numeri complessi, a. o argomento di un numero complesso. Con altra accezione, nella teoria delle coniche, a. eccentrica di un’ellisse, la sua conformazione schiacciata, ossia la misura della sua eccentricità.