aggio
àggio s. m. [prob. dal gr. ἀλλάγιον «cambio» (cfr. il venez. ant. lazo)]. – 1. In economia, termine usato dapprima per indicare la differenza tra il valore intrinseco e il valore estrinseco di una moneta metallica nel barattarla con altra o con moneta di carta; attualmente, indica sia l’eccedenza del corso dei cambî sulla parità monetaria legale (a. sul cambio), per cui una moneta ha di fatto in termini di altra moneta estera un prezzo superiore a quello che risulterebbe dal rapporto tra le due parità; sia il maggior valore di mercato che può acquistare una moneta d’oro in confronto alla moneta carta di uno stesso paese emessa alla pari o anche, in casi assai rari, la moneta carta in confronto all’oro. Locuzioni: avere aggio su, godere un a. su, avere un valore maggiore di quello nominale, o un maggior valore di mercato: se per procacciarsi mille lire in oro, convien dare mille e dieci lire in argento, perché l’oro è in quell’istante più ricercato dell’altro metallo, dicesi che l’oro gode un aggio di 1/100 sull’argento (Boccardo); con le stesse accezioni, oggi è più com. fare aggio, espressione usata anche in senso fig., essere calcolato di più, avere maggior potere o prestigio, e sim., detto anche di persona. 2. In finanza, la percentuale sulle somme riscosse per conto dello stato, dei comuni e delle province, che gli esattori comunali e i ricevitori provinciali delle imposte sono autorizzati a trattenere a compenso del loro servizio.