accusa
accuṡa s. f. [der. di accusare]. – 1. a. L’atto, le parole con cui si attribuisce a qualcuno una colpa: fare, muovere, rivolgere un’a.; provare, ribadire, confutare, ritorcere, smentire, dimostrare falsa un’a.; questa è un’a. del tutto gratuita. Anche l’accusare sé stesso, nel prov. una scusa non richiesta è un’a. manifesta (traduz. del lat. excusatio non petita accusatio manifesta). b. In partic., atto con cui si chiama qualcuno davanti ai giudici a rispondere di un fatto previsto dalla legge come reato (sinon. di imputazione): presentare, intentare, sostenere un’a.; a. infondata, insussistente; e in relazione al reato di cui uno è accusato: una gravissima a.; fu assolto (o prosciolto) dall’a. di omicidio colposo. Nel linguaggio giur.: atto di a., quello col quale si porta a conoscenza dell’imputato il fatto a lui attribuito in base agli elementi raccolti; capi d’a., i fatti descritti nell’atto d’accusa e sui quali l’imputato è chiamato a rispondere; stato d’a., condizione di chi è chiamato a rispondere di un reato (onde le espressioni mettere, essere in stato d’a.); giudizio di a., quello promosso dal parlamento in seduta comune contro il presidente della Repubblica per alto tradimento e attentato alla Costituzione compiuti nell’esercizio delle sue funzioni; esso spetta alla Corte costituzionale che, per questa sua particolare competenza, è composta anche da giudici aggregati. 2. Nel linguaggio giudiziario, si comprendono sotto il nome di a. anche le persone che nel processo penale hanno in atto o in potenza l’ufficio di accusare (pubblica a., il pubblico ministero; privata a., la parte civile e più spec. gli avvocati di parte civile): l’a. sostenne sempre la piena colpevolezza dell’imputato; risponde all’a. il primo degli avvocati di difesa. 3. Nel linguaggio della Chiesa cattolica, a. dei peccati, la dichiarazione che di essi si fa nella confessione. 4. Nel gioco delle carte (anche accuso s. m.), dichiarazione di avere in mano una combinazione di carte che dà diritto a determinati punti di vantaggio.