ZRINYI, Miklós (Nicola), conte
Poeta, statista e capitano ungherese. Nato il 1° maggio 1620 nella fortezza di Ozali da Giorgio, bano della Croazia (1598-1626), e da Maddalena Széchy, perdette ancora giovanissimo i genitori, frequentò, insieme col fratello Pietro, i ginnasî dei gesuiti a Graz, Nagyszombat e Vienna, dove divenne ferventissimo cattolico, e nel 1636 si recò in Italia, soggiornando a Roma, dove papa Urbano VIII gli offrì un volume delle sue poesie. Nel 1637 ritornò in Ungheria, stabilendosi nelle sue terre a Csáktornya (Čakovec) e presto incominciò a prendere parte a spedizioni militari contro i Turchi e ad appoggiare strenuamente il re Ferdinando III d'Asburgo, allora in guerra con gli Svedesi, e Giorgio I Rákóczi, principe di Transilvania. Appena ventinovenne divenne bano di Croazia. Dopo il 1650 si verificò un profondo e sempre crescente mutamento nella concezione politica dello Z., fino allora lealissimo suddito della casa d'Asburgo; mutamento causato non solo dalla miseria tremenda del paese e dall'atteggiamento piuttosto ostile della corte viennese di fronte alla nazione magiara, ma anche da motivi personali, visto che egli - uno dei più popolari eroi del paese e tanto benemerito della dinastia - non era stato nemmeno designato dal re, nella dieta del 1655, alla dignità di conte palatino. Lo Z. incominciò allora ad avvicinarsi alla politica dei principi di Transilvania, ma le truppe di Giorgio II Rákóczi vennero annientate nell'impresa sfortunata contro la Polonia e il principato fu devastato in modo orribile dalle orde tatare del sultano. Lo Z. continuò instancabilmente la lotta contro i Turchi e divenne, specie con la sua vittoriosa campagna dell'inverno 1664, l'eroe del mondo cristiano, insignito di onorificenze dal papa e dai re di Francia e di Spagna. Quando nel 1664 la corte nominò in vece sua capitano supremo il Montecuccoli, lo Z. si ritirò esasperato nelle sue terre, dove venne ucciso da un cinghiale il 18 novembre 1664 presso Csáktornya.
Lo Z. è figlio tipico dello spirito del Barocco. La sua azione e le sue idee attingono ispirazione ed elevatezza al pensiero barocco di essere, con la sua nazione, l'atleta di Cristo, soldato e martire della cristianità, continuamente in lotta contro il "paganesimo" turco. In questa concezione convergono la sua struttura spirituale di poeta e quella politica di capitano e statista. Nella lirica fu autore di un bel canto religioso e di parecchi epigrammi, idillî ed elegie, in cui, sotto l'influsso del Tasso e del Marino, indulge alla mitologia greco-romana. Il capolavoro dello Z. è la sua grandiosa epopea in 15 canti, Szigeti veszedelem (La caduta di Sziget), in cui sono eternati l'assedio e la caduta della fortezza di Sziget nel 1566, difesa eroicamente dal suo avo Nicola. L'idea fondamentale del poema è questa: Dio, vedendo la corruzione morale della nazione ungherese, ingrata del favore goduto sino allora da parte della Provvidenza, vuole vendicarsi e manda una furia dell'inferno, Aletto, ad eccitare il cuore del sultano Solimano contro i Magiari. Il sultano, acceso dall'ira infernale, raccoglie le sue truppe da tutte le parti del mondo. Fra i suoi capitani eccellono Deliman, figlio del khān tataro, e il crudele e fortissimo eroe saraceno Demiram. Il sultano muove con un poderoso esercito contro l'Ungheria, indeciso se muovere contro la fortezza di Eger o contro Sziget. In quest'ultima fortezza Nicola Z. è il capitano, che al mattino prega davanti al crocifisso per la sua nazione, e il crocifisso si china tre volte per annunciargli che la sua preghiera è stata ascoltata e che non sarà vano il suo eroico martirio perché il sultano cadrà per mano sua. Lo Z. distrugge un esercito turco, provocando così la vendetta del sultano, e giura con i suoi eroi magiari e croati di vincere o morire nella fortezza. Dopo la narrazione di molte epiche lotte in cui lo Z., protetto dall'angelo di Dio, fa strage tremenda fra i Turchi, e dopo alcuni episodî di carattere cavalleresco, lo Z., alla testa dei suoi eroi, erompe dalla fortezza, uccide il sultano, ma cade egli pure con tutti i suoi soldati.
Nella concezione dello Z. il martirio del suo avo oltre ad essere un sacrificio per la fede cristiana, è pure un atto di sacrificio offerto a Dio per riconciliarlo con la nazione magiara, che aveva abbandonato la sua fede. Nel disegno, negli episodî e nello stile, l'epopea palesa l'influsso del Tasso che è stato il vero maestro del poeta ungherese. Come fonti, lo Z. ha usato le opere storiche, specie quella di N. Istvánffy, una cronaca croata e una italiana - oggi sconosciute ambedue - e anche la tradizione orale, nonché la cronaca rimata del poeta Carnarutich di Zara. Il linguaggio, con tutti i suoi difetti e con la metrica spesso viziata, risulta poetico ed espressivo. Lo Z. eccelle anche nel campo della letteratura politica e militare con le sue opere scritte sotto l'influsso della rispettiva letteratura italiana. Nel Tabori kis trakta (Piccolo trattato militare) scrive sull'organizzazione dell'esercito, nel Vitéz hadnagy (Tenente valoroso) sulle questioni principali della tattica, mentre nel Mátyás király életéről való elmélkedések (Meditazioni sulla vita di re Mattia) espone la potenza dell'Ungheria sotto un re nazionale. Nel Siralmas panasz (Lagnanza dolorosa) dà consigli ai suoi connazionali contro la politica senza riguardi della casa d'Asburgo, perché l'oppressore straniero vuole la fine dei Magiari. Nella sua più importante opera in prosa A török áfium ellen való orvosság (Rimedio contro l'oppio turco; 1660), richiama con forza impressionante l'attenzione sul pericolo turco: la casa d'Asburgo assisterà inerte alla caduta del regno e se la nazione vuole salvarsi deve cacciare i mercenarî stranieri, formare l'esercito nazionale e battersi in una lotta suprema contro gli oppressori maomettani, perché non v'è speranza di aiuti dall'estero. In quest'ultima opera lo Z. ebbe come fonte l'Exclamatio di A.-G. de Busbecq, mentre nelle altre prose subì chiaramente l'influenza del Machiavelli e di altri scrittori italiani.
Bibl.: G. Arany, Z. és Tasso (Z. e il Tasso), in Budapesti Szemle (Rivista di Budapest), 1859; A. Imre, Az olasz kőltészet hatása a magyarra (L'influenza della poesia italiana su quella ungherese), ivi 1875; C. Széchy, Gróf Z. M., Budapest 1896-1902; A. A. Kőrösi, Z. és Machiavelli, ora Irodalomtörténeti kőzlemények (Comunicazioni di storia letteraria), 1902; M. Sántay, Z. és Marino, Budapest 1915; G. Horváth, Barokk irodalmunkban (Il gusto barocco nella nostra letteratura), in Napkelet (Oriente), 1924; E. Várady, La letteratura italiana e la sua influenza in Ungheria, Roma 1933-34.