FONTANA, Zoe
Nacque a Traversetolo, in provincia di Parma, il 16 maggio 1911 da Giovanni, piccolo imprenditore edile, e da Amabile Dalcò. Prima di tre sorelle, dopo di lei nasceranno Micol (8 nov. 1913) e Giovanna (27 nov. 1915), trascorse la sua infanzia in una famiglia non ricca ma dignitosa, in cui la figura centrale era rappresentata dalla madre.
Amabile (n. il 6 apr. 1890), ancora molto giovane aveva iniziato a lavorare come sarta ed era riuscita ben presto a mettersi in proprio aprendo un laboratorio di sartoria. Proseguì l'attività anche dopo il matrimonio e la nascita delle tre figlie: si faceva coadiuvare nel lavoro da giovanissime praticanti che, per imparare il mestiere, prestavano la loro opera gratuitamente. Anche le tre figlie impararono presto a cucire e, conseguita la licenza elementare, lasciarono gli studi.
Amabile imponeva con rigore un ritmo molto intenso: nel laboratorio si lavorava dalla mattina fino alle sette di sera, con un'interruzione di due ore per il pranzo; poi la cena, una breve pausa, in cui consentiva alle ragazze di uscire liberamente, e verso le ventuno si ricominciava fino a notte fonda. Il divertimento maggiore per la F., Micol e Giovanna erano le gite compiute nei giorni festivi, spesso a Parma, città che suscitava in loro il desiderio di evadere dagli angusti confini di Traversetolo.
Nel 1934 la F. sposò Mario Montanarini, un giovane compaesano appassionato di musica e di arte e che si occupava di restauro. Con lui lasciò il paese e andò a vivere a Parigi. Ritornata due anni dopo (era appena conclusa la guerra d'Africa), decise di tentare la sorte partendo per Roma.
Qui iniziò a lavorare presso la grande sartoria Zecca. Due mesi dopo venne raggiunta dalle sorelle, non ostacolate dai genitori che dimostrarono una disponibilità e una fiducia nel confronti delle figlie non comuni per l'epoca e non ultimo elemento fondante delle future fortune della famiglia.
A Roma le sorelle minori vissero con la F. e con il cognato in un piccolo appartamento in affitto. Micol iniziò a lavorare presso un laboratorio di sartoria, mentre Giovanna cuciva in casa. Dopo la nascita del primo figlio, nel 1937., la F. fu licenziata dalla ditta Zecca, con la motivazione di scarso rendimento (per la gravidanza e il puerperio); trovò allora lavoro presso la prestigiosa sartoria Battilocchi. Qui divenne in breve tempo première, con l'incarico di seguire le prove delle clienti, fra le quali era annoverata anche la regina Elena; ebbe così l'occasione di fare le prime conoscenze importanti: tra queste Gioia Marconi Braga, figlia dello scienziato, la quale, quando la F. si mise in proprio, ne divenne cliente, portando con sé altre amiche appartenenti alla buona società romana.
Per ampliare e potenziare la loro attività le tre sorelle decisero a questo punto di prendere in affitto un appartamento più grande (che divenne casa-laboratorio) nei pressi di via Veneto. Alla realizzazione del progetto parteciparono anche i genitori, che, chiusa la sartoria di Traversetolo, si trasferirono in una casa di campagna vicino Roma. Durante l'occupazione tedesca Amabile e il marito furono di grande aiuto alle figlie. Il loro orto si rivelò prezioso non solo per far fronte alla penuria di cibo, ma anche perché i prodotti ortofrutticoli furono usati come merce di scambio per l'acquisto di stoffe e per l'arredamento della sartoria.
Comunque, gli anni della guerra non furono del tutto negativi per le sorelle Fontana, legate ad un giro di clientela abbastanza ristretto, costituito da signore dell'alta e media borghesia romana che continuarono a frequentare la sartoria. Nel 1943 il laboratorio venne spostato in un palazzetto a tre piani, sempre vicino via Veneto, e vennero assunte nuove lavoranti. Nel 1944, intanto, si era sposata anche la più giovane delle sorelle, Giovanna, con A. Lami, ragioniere alla Cirio.
Ma fu con la liberazione di Roma e la fine della guerra che ebbe inizio il vero successo. Nel decollo della sartoria, insieme con il tradizionale ambiente alto-borghese, un ruolo importante rivestì il mondo del cinema che, a Roma, viveva all'epoca la fortunata stagione del neo-realismo, il lancio di Cinecittà e l'arrivo dei registi e dei divi americani.
In questo contesto le sorelle Fontana, che avevano ormai appreso l'arte delle pubbliche relazioni, lanciarono il loro stile, frutto del lavoro artigianale della sartoria sulla base di figurini e schizzi di vari disegnatori "progettisti", e ispirato ad un linea quasi rinascimentale (i corpetti stretti e le gonne morbide e molto ampie create con abbondanza di tessuto di alta qualità). Con il successo la domanda crebbe notevolmente e l'atelier, che frattanto aveva creato la griffe "SF", si ingrandì, fino ad impiegare 20 dipendenti. Pur in assenza di una pubblicità di stampo moderno le Fontana ebbero un'ottima intuizione lanciando le "mannequins de société": introducendo, cioè, l'uso di farsi réclame facendo indossare i modelli della casa di moda a signore molto in vista, in occasione di ricevimenti mondani.
Nel 1948 la nota attrice di Hollywood, Mirna Loy acquistò dalle Fontana il guardaroba completo per il film Il caso di lady Brook. Da questo momento la sartoria puntò decisamente sul mercato americano (Micol iniziò una lunga serie di viaggi negli Stati Uniti), profittando della circostanza che i costi competitivi di Cinecittà avevano portato produttori e divi americani a trasferire le loro attività in Italia. L'anno seguente, il 1949, Linda Christian si rivolse alla casa Fontana in occasione del suo matrimonio con Tyrone Power. Le foto dell'abito, costato 700.000 lire, apparvero in esclusiva sulla rivista Life e per l'atelier fu la consacrazione di una celebrità destinata a durare per un ventennio.
Gli abiti realizzati dalla sartoria furono acquistati e indossati da modelle, signore dell'aristocrazia, dell'alta società, da first ladies (Truman, Kennedy, Eisenhower, ecc.) e da attrici famose (Ava Gardner, Audrey Hepburn, Ingrid Bergman, Kim Novak, Grace Kelly, Anita Ekberg, Sofia Loren, ecc.), in occasioni mondane e di spettacolo, nonché in numerosi film.
Di là dalla notazione mondana o di costume, l'exploit della sartoria romana fu comunque specchio del tentativo di un'emancipazione dell'alta moda italiana dalla tutela francese e un primo passo nell'evoluzione, sul piano commerciale e poi industriale, di un settore importante della vita economica nazionale, sia direttamente sia per le attività collaterali, in particolare l'industria tessile.
Nel 1947 la Casa di mode Fontana si era costituita in forma di s.r.l.; nel 1951 contava 100 lavoranti, saliti due anni dopo a 300. Nel 1955 fu inaugurata a Roma la prima boutique delle Sorelle Fontana, mentre dal 1958 la sartoria si era trasferita a piazza di Spagna. Dal 1960, su richiesta dei grandi magazzini americani, si sviluppò la produzione del prét-àporter che consentì di ampliare notevolmente la base di vendita, senza rinunciare alla creazione di abiti di alta moda.
Nel 1964 la s.r.l. Fontana venne trasformata nella Sorelle Fontana s.p.a. (sarà ricostituita in forma di s.r.l. nel 1985), con un capitale di 15 milioni in azioni da lire 1.000; il capitale venne aumentato nello stesso anno a 120 milioni di lire (con un sovrapprezzo di 700 lire per ogni azione privilegiata), nuovamente, l'anno seguente, a 195 milioni (con un sovrapprezzo di 400 lire per ogni azione privilegiata) e, nel 1967, a 285 milioni (con un sovrapprezzo di 900 lire per ogni azione privilegiata).
Nel 1966 venne inaugurato lo stabilimento di Cecchina, nei pressi di Roma, con 300 dipendenti, per la produzione del prét-àporter. La fama dell'atelier da quel momento continuò seguendo il ritmo del boom economico del paese sino alla fine degli anni Sessanta.
La F. morì a Roma il 31 ott. 1979.
Dopo la sua morte venne avviata una diversificazione produttiva (profumi, accessori per l'abbigliamento, cravatte, valigeria, ecc.). L'attività della sartoria fruttò riconoscimenti e onorificenze (cavalierato, commenda della Repubblica, Oscar nazionale della Moda 1968, medaglia d'oro per la fedeltà al lavoro, sei Maschere d'Argento, cittadinanza onoraria di Pittsburgh per Micol, ecc.), manifestazioni celebrative sulla moda italiana: la Mostra antologica sull'arte sartoriale (organizzata nel 1984 da A.C. Quintavalle); la Mostra antologica delle sorelle Fontana "Cinquant'anni di moda" a Castel S. Angelo (1985), la creazione della Fondazione Micol Fontana (1993), l'esposizione di abiti presso il Metropolitan Museum di New York, il Brooklyn Museum, il Metropolitan Museum di San Francisco, il Museo d'arte e del costume di Venezia, l'Archivio dell'alta moda italiana di Roma.
Fonti e Bibl.: Associazione fra le società italiane per azioni, Repertorio delle società italiane per azioni, I, Roma 1973, p. 930; A. Bottero, Nostra signora la moda, Milano 1979, pp. 72, 77; H. Kaufrnan - G. Lemer, Hollywood sul Tevere, Milano 1982, pp. 75, 105; N. Villa, Le regine della moda, Milano 1985, pp. 45-66; Cinquant'anni di moda - Sorelle Fontana, a cura di B. Giordani Aragno, Roma 1985; G. O'Hara, Il dizionario della moda, ediz. ital. a cura di R. Panuzzo - J. Valli, Milano 1990, pp. 129-131; M. Fontana, Specchio a tre luci, a cura di D. Cimagalli, Torino 1991; Sorelle Fontana 1907-1992, Storia di un atelier, a cura di B. Giordani Aragno, Roma 1992; Gotha della moda italiana, Milano 1992, p. 18; Nascita della moda italiana, a cura di G. Malossi, Milano 1992, pp. 40 s., 43, 48; A.C. Quintavalle, Moda, in Encicl. Italiana, Appendice V, Roma 1993, pp. 508-518 passim.