ZIRCONIO
(XXXV, p. 963; App. IV, III, p. 870)
Si trova sotto forma di zircone (silicato di z.) in depositi sabbiosi che contengono altri minerali (silice, rutilo, ilmenite, magnetite, monazite) lungo le rive del mare o in dune dell'Australia e del Sudafrica e provengono dal disfacimento di rocce prodotto dall'azione del mare. Queste sabbie a base di zircone, per la loro elevata temperatura di fusione trovano impiego tal quali, o mescolate a sabbie silicee, nella preparazione di sabbie da fonderia per la colata di acciai o di metalli fusi: allo stato di maggiore purezza si usano nella preparazione di refrattari. Parte del minerale, allo stato di elevata purezza, trova impiego nella preparazione del metallo che, come tale o in lega, si usa sempre più per le sue particolari caratteristiche.
Il passaggio dal minerale al metallo comporta non poche difficoltà. Il sistema usato consiste essenzialmente nel convertire il silicato in cloruro, che può essere facilmente separato dalle impurezze (di afnio, titanio, silicio), per le diverse caratteristiche fisiche da esse presentate (così, per es., la silice che ha peso specifico più basso si allontana con i consueti metodi a gravità, la magnetite con sistemi magnetici). Il minerale viene dapprima miscelato con coke in polvere e fatto reagire, a caldo, con cloro; dalla corrente gassosa che successivamente si sviluppa si può separare per condensazione selettiva il cloruro di silicio da quello di z. (accompagnato sempre da cloruro di afnio). La separazione del cloruro di z. (ZrCl4) dagli altri componenti, afnio compreso, si può effettuare per distillazione o per estrazione liquido-liquido. In questo caso la miscela dei cloruri si porta in soluzione acquosa, si addiziona di solfocianato d'ammonio e di acido cloridrico, e si alimenta a una colonna d'estrazione in controcorrente con un solvente organico (metilisobutilchetone) che estrae l'afnio, il cui tenore dopo ripetute estrazioni si può ridurre anche a 100 ppm. Va notato al riguardo che i minerali di z. contengono sempre piccole quantità di afnio che, avendo caratteristiche chimiche spiccatamente simili a quelle dello z., finisce per accompagnarlo attraverso i vari processi di estrazione e depurazione; comunque in gran parte degli impieghi la presenza di afnio, anche se arriva a tenori del 2% circa, non interferisce con le proprietà dello zirconio.
Si può anche adottare un sistema del tipo mixer-settler (v. estrazione, App. III, i, p. 575), più efficace. La separazione si può effettuare anche distillando la miscela, i cui vapori sono fatti passare in una colonna contenente una miscela fusa di cloruro di potassio e alluminio che a sua volta lascia passare il cloruro di afnio mentre trattiene quello di z.: poi per distillazione si separa il cloruro di z. a elevato grado di purezza, che viene sottoposto a un finale processo di riduzione per ottenere il metallo. Quest'ultima operazione si effettua inviando il cloruro di z. in un reattore contenente magnesio fuso (in assenza di ossigeno, azoto, vapore d'acqua) in modo che il cloruro di z. ceda il cloro al magnesio, trasformandosi in metallo che si separa sotto forma di spugna. La spugna viene poi pressata in forme diverse (lingotti, ecc.) che sono consolidate portandole a incipiente fusione, fuori dal contatto dell'aria. Dai lingotti si ottengono poi i vari manufatti mediante fucinatura o laminazione, a freddo o a caldo; tubi, fili, profilati si ricavano per estrusione a 700÷800°C. Pezzi particolari (elementi di pompe, valvole, ecc.) si preparano colando entro degli stampi il metallo fuso, sempre fuori dal contatto dell'aria.
Lo z. si usa, specialmente nell'industria nucleare, o come tale oppure sotto forma di leghe, caratterizzate da un'elevata resistenza alla corrosione in ambienti diversi (acqua, vapore, soluzioni acide o saline); le leghe più importanti sono quelle contenenti piccole percentuali di Ni, Cr, Sn, Fe, Nb, Hf. Nella tecnologia nucleare, oltre che per la loro resistenza alla corrosione (in acqua o vapore ad alta temperatura nei reattori ad acqua pressurizzata o bollente), lo z. e le sue leghe si usano nel rivestimento dei combustibili nucleari e di parti strutturali dei reattori. Per queste caratteristiche trovano anche impiego in apparecchiature degli impianti chimici. Per l'alta temperatura di fusione e per l'elevata inerzia chimica, l'ossido di z., come pure il minerale zircone, trova largo impiego come refrattario.
Lasciato raffreddare lentamente, l'ossido fuso subisce alcune trasformazioni strutturali, passando da una struttura cubica, stabile ad alta temperatura, a una tetragonale e infine a una monoclina, stabile a bassa temperatura (sotto i 1000°C circa):
Va notato che, siccome queste trasformazioni sono accompagnate da una forte variazione di volume, nel raffreddamento si possono avere fratture. È possibile portare la struttura cubica, propria delle alte temperature, a una temperatura ambiente stabile, aggiungendo all'ossido di z. agenti stabilizzanti strutturali (ossido di yttrio, di calcio, di magnesio, ecc.).
Refrattari a base di zircone si preparano granulando il minerale tal quale o precalcinato, e aggiungendo con funzione di leganti dell'altro minerale in polvere, oppure argilla. Ne risulta una miscela che, foggiata mediante compressione (in presse isostatiche) o mediante colaggio, viene poi portata, per la cottura, a temperature dell'ordine dei 1500°C. Fondendo o rammollendosi, l'argilla, il minerale in polvere e le impurezze che lo accompagnano legano tra loro i granuli di zircone, dando una struttura più o meno compatta. Questi refrattari, a seconda del sistema e della modalità di preparazione, presentano infatti porosità piuttosto elevata (anche 10÷20%) e la loro composizione risulta formata dal 62÷65% di ZrO2 e dal 32÷33% di SiO2. Essi trovano impiego specialmente quando si richiedono materiali dotati di elevata resistenza agli sbalzi termici. Refrattari caratterizzati da una più elevata resistenza agli sbalzi termici e anche con minore porosità si possono ottenere sempre partendo dal minerale in granuli ma miscelato con allumina calcinata o con mullite; in questo caso i granuli risultano tenuti insieme da una piccola quantità di un legante vetroso. Con ossido di z. stabilizzato per aggiunta di ossidi si possono preparare refrattari resistenti a temperature elevate e agli sbalzi termici, senza presenza di una fase vetrosa come legante, sinterizzando manufatti ottenuti dal materiale in granuli fini fortemente pressati, a caldo.
Refrattari di caratteristiche elevate, praticamente privi di porosità e resistenti a temperature molto elevate, si ottengono fondendo l'ossido di z. (o il suo minerale zircone) con l'aggiunta del 10÷20% di stabilizzanti (ossido di alluminio, di cromo, ecc.). La massa, fusa al forno elettrico, è colata in stampi; quando raggiunge la temperatura di circa 1800°C è sottoposta a un brusco raffreddamento che evita la trasformazione della struttura da cubica a tetragonale a monoclina (se il raffreddamento fosse lento, si formerebbero cristalli che tenderebbero a fratturarsi per le sensibili variazioni di volume che accompagnano le trasformazioni strutturali). L'aggiunta degli ossidi stabilizzanti consente alla struttura cubica di rimanere stabile (o metastabile) fino a temperatura ambiente. Questo tipo di refrattari fusi, essendo resistente all'attacco del vetro fuso ed essendo ottenuto direttamente dal colaggio e raffreddamento in stampi di forme geometriche regolari, a spigoli vivi e di dimensioni anche rilevanti, viene impiegato per il rivestimento di forni a bacino per vetro, di forni per trattamenti termici, ecc. In questi ultimi anni è stata sviluppata notevolmente anche la chimica dei composti dello z., specie di quelli con componenti organici; così gli alcossidi che, come indica il nome, contengono gruppi alcolici. Quelli che ne contengono quattro (tetra-alcossidi, Zr(OR)4) si ottengono facilmente facendo reagire il tetracloruro di z. con un alcool,
ZrCl4+4ROH→Zr(OR)4+4HCl
in presenza di una sostanza alcalina, per neutralizzare l'acido cloridrico che si forma nella reazione. Si conoscono alcossidi derivati da svariati alcoli alifatici a elevato numero di atomi di carbonio, a struttura lineare o ramificata, e anche composti con gruppi alcolici, a struttura differente (glicerina, pentaeritrite, polioli, ecc.). A seconda delle modalità di preparazione, alcuni di questi composti si presentano in forma polimerica. Oltre che interesse teorico essi hanno applicazioni industriali. Altre classi di composti importanti si ottengono per addizione del cloruro di z. con chetoni (z. chetonati), come derivati del ciclopentadiene, dei fenoli (z. fenossidi), ecc. Molti di questi composti trovano applicazione come essiccativi di prodotti vernicianti, come agenti concianti, come catalizzatori di reazioni di polimerizzazione (per es. dell'etilene), per trattamenti idrofobi per tessili o nella preparazione di pigmenti anticorrosivi.