Zhang Yimou
Direttore della fotografia e regista cinematografico cinese, nato a Xi'an il 14 novembre 1950. Insieme a Chen Kaige e a Tian Zhuangzhuang, è uno dei cineasti più importanti di quella che viene comunemente chiamata la 'Quinta generazione' del cinema cinese, ovvero la classe di studenti dell'Istituto cinematografico di Pechino, diplomatasi nel 1982. Autore dal percorso fortemente caratterizzato da un'impronta stilistica estremamente precisa e cangiante di film in film ‒ pur attraversando tematiche via via approfondite e sviluppate su coordinate comuni ‒, trova nella spinta al cambiamento (tematico, di genere e di stile) la chiave di continuità del suo cinema, dai drammi rurali d'esordio agli ultimi wuxia pian (film marziali di cavalieri erranti) concepiti quasi come videogiochi, che risulta essere al tempo stesso di genere e d'autore. Autore molto premiato, già con l'esordio nella regia Hong gaoliang (1987; Sorgo rosso) ha ottenuto nel 1988 l'Orso d'oro al Festival di Berlino, quindi ha vinto alla Mostra del cinema di Venezia il Leone d'argento per Da hong denglong gaogao gua (1991; Lanterne rosse) e due volte il Leone d'oro per Qiu Ju guansi (1992; La storia di Qiu Ju) e per Yi ge dou bu neng shao (1999; Non uno di meno); è poi tornato a vincere a Berlino il Premio speciale della giuria con Wo de fuqin muqin (2000; La strada verso casa).
Dopo aver lavorato nelle campagne e in una fabbrica tessile durante il periodo della Rivoluzione culturale, nel 1978, con la riapertura dell'Istituto cinematografico di Pechino seguita alle riforme di Deng Xiaoping, Z. partecipò a un concorso per l'ammissione all'Istituto, superò l'esame ma venne scartato per limiti d'età; dopo un ricorso venne ammesso al Dipartimento di fotografia dell'Istituto stesso. La scelta di occuparsi di cinema fu del tutto casuale, come dichiarato dallo stesso Z.: "la vita da operaio era dura e ho voluto cercare una scappatoia. Per questo sono entrato all'accademia, non perché avessi un qualche interesse specifico per il cinema (…) Ho pensato di avere più speranze di essere ammesso all'Istituto di cinematografia perché avevo fatto alcune fotografie, qualcosa che si avvicinava di più a questo campo, ma prima di entrarvi non avevo la minima idea di quali materie avrei studiato, di cosa avrei potuto fare una volta diplomato, né di cosa fosse veramente il cinema" (Zhang Yimou 1992, p. 9). Iniziò la carriera cinematografica come direttore della fotografia dei primi due film di Chen Kaige, Huang tudi (1984 Terra gialla) e Da yuebing (1985, noto con il titolo The big parade), per poi esordire nella regia con Hong gaoliang, film già presago degli esiti successivi del suo cinema, dall'attenzione quasi manieristica verso la costruzione delle immagini (inquadratura, colore, luce, movimenti di camera, oggetti in scena, tutti sottoposti a un controllo tanto fragile quanto rigido), alle tentazioni documentaristiche (la ritualità di ogni gesto e di ogni azione ricercate nella loro fenomenologia contrappuntistica rispetto al lavoro vero e proprio della messa in scena), alle aperture verso i generi (il melodramma) che animano e danno forma a un film dalle apparenze minimalistiche e d'autore.
Lontano dai luoghi comuni che lo hanno voluto cineasta politico e contestatore di regime, Z. si è poi avvicinato a un cinema più libero e spericolato. Se Ju Dou (1990) o Da hong denglong gaogao gua, suscitano interrogativi circa la natura di un cinema intessuto di elementi fortemente spettacolari e di genere, celati oppure resi ambigui dall'ambientazione storica ‒ si pensi al paradossale documentarismo messo in scena di Qiu Ju da guansi, girato per buona parte con cineprese nascoste ‒ le sue opere successive Wo de fuqin muqin Yingxiong (2002, ingl. Hero), e Shi mian maifu (2004, La casa dei pugnali volanti) mostrano un cinema meno caratterizzato territorialmente (spostato quindi verso gli stilemi di gran parte del cinema di Hong Kong degli ultimi decenni), e di conseguenza apolide. In questo senso, opere precedenti come Daihao meizhoubao (1989, Operazione Puma), Yao a yao, yao dao waipo qiao (1995; La triade di Shanghai), due gangster film falliti nel loro esito ma non meno affascinanti, già indicavano aperture più dichiarate verso un cinema d'autore che non fosse unicamente esportabile per la sua specificità territoriale.
Zhang Yimou, a cura di F. Merkel, Roma 1992; B. Reynaud, Nouvelles Chines, nouveaux cinémas, Paris 1999, pp. 37-105; F. Colamartino, M. Dalla Gassa, Il cinema di Zhang Yimou, Genova 2003.