Zerkalo
(URSS 1974, Lo specchio, colore/bianco e nero, 105m); regia: Andrej Tarkovskij; produzione: Erik Waisberg per Mosfil′m; sceneggiatura: Andrej Tarkovskij, Aleksandr Mišarin; fotografia: Georgij Rerberg; montaggio: Ljudmila Fejginova; scenografia: Nikolaj Dvigubskij; costumi: Nina Fomina; musica: Eduard Artem′ev.
Il protagonista-narratore vive una situazione analoga a quella dei genitori: come il padre a suo tempo, ha infatti lasciato la moglie e il figlio adolescente. L'infelicità del ragazzo gli appare dunque speculare alla propria. Memoria e sogno si intrecciano col presente: la madre davanti alla casa in campagna; un temporaneo ritorno del padre; la corsa sotto la pioggia della donna, che teme di aver licenziato le bozze di una pubblicazione con un refuso compromettente; il figlio che scopre la pittura di Leonardo e la lettera di Puškin nella quale lo scrittore riafferma i valori della civiltà russa. La memoria si alterna a immagini di repertorio, dalla guerra agli incidenti sul fiume Ussuri. La moglie separata del protagonista vorrebbe accasarsi con uno scrittore. Anche il figlio non sembra interessato a vivere con il padre. Con un nuovo salto di memoria si torna agli anni della guerra, quando il protagonista viveva con la madre lontano da Mosca per sfuggire ai bombardamenti, poi ancora più indietro nel tempo. I suoi genitori sono stesi sull'erba; il padre chiede alla moglie se desideri un maschio o una femmina, ma lei non risponde, limitandosi a un sorriso reticente.
Zerkalo è l'opera più disarmatamente autobiografica e 'di poesia' di Andrej Tarkovskij, oltre che per certi versi la più criptica, a partire dal prologo che sembra contenerne in nuce il significato. In esso si assiste alla guarigione attraverso l'ipnosi di un ragazzo balbuziente. Questa esperienza terapeutica ai limiti del prodigio appare a Tarkovskij il momento risolutivo del trauma di chi si è smarrito. Zerkalo nasce infatti dalla malattia e di questa esprime l'onirismo sofferente, l'ossessione visiva e memoriale, la regressione verso l'infanzia. Nel suo viaggio interiore, contrappuntato dalle liriche del padre Arsenij, il regista cerca la madre negli specchi di cui il film è disseminato, per un'angosciosa conferma di identità. Lo specchio non è solo lo strumento della rivelazione, o il mezzo col quale l'assoluto dimostra l'inconsistenza del reale, cioè della scena riprodotta, ma un moltiplicatore di memoria. Rendendo sfuggente la realtà, favorisce l'analogia, il riverbero di figure e, in un certo senso, la reincarnazione dei personaggi evocati, secondo un'associazione che tanto più è libera quanto più scaturisce dalla catarsi. Ritrovare la madre significa allora attraversare anche il corpo e l'anima del padre, essere bambino come il proprio figlio, guardare alla moglie unendo il desiderio dell'infanzia a quello dell'età adulta. Lo scavo nel passato va talmente in profondità da impegnare con la figura materna un conflitto che non può risolversi neppure davanti all'immagine stessa del concepimento.
Il regista vorrebbe gestire la propria ambiguità alla maniera di Bach o Tolstoj, con il loro 'sguardo extraterrestre'. In effetti, si limita ad aderire a quella sorta di fatalismo tolstojano secondo cui il destino individuale sfugge alla Storia, ma ad essa appartiene in quanto particella del tutto. Affiora in questo atteggiamento una costante 'ideologica' di Tarkovskij: la concezione russa di patria, la sua essenza tradizionalista, nonostante egli si muova al di fuori di ogni schema rigido. Tuttavia, il richiamo a una civiltà incontaminata, fusa intimamente coi valori sacri della natura, non cessa mai di informare il suo pensiero. La Storia si mescola in maniera inscindibile con gli abissi dell'anima, manifestandosi da una parte implicitamente, cioè con allusioni o battute cifrate, dall'altra con richiami diretti. Al primo ambito è da ricondurre l'episodio del refuso, con il timore ossessivo della donna, reminiscenza ancor viva dell'atmosfera degli orrendi anni dello stalinismo. Al secondo, la visionaria trasfigurazione dei soldati cinesi sul fiume Ussuri, in un filmato di repertorio che materializza l'incubo di una nuova orda mongola contro cui si riafferma la missione salvifica della Russia. Certo, citando la risposta di Puškin a Čaadaev, Tarkovskij propende per i dubbi del primo piuttosto che per le certezze del secondo, esponente di un millenarismo occidentalista su base slavofila, rimanendo tuttavia nel solco di una tradizione duratura e 'trasversale', se anche un poeta rivoluzionario come Aleksandr A. Blok poteva esserne toccato. Per un crudele paradosso, con quest'opera magistrale, innervata da folgorazioni bibliche e suggestioni leonardesche, il dissidente Tarkovskij viene a trovarsi, riguardo al conflitto con l'ex fratello d'oriente, in obiettiva sintonia con il sistema brezneviano. E, per un paradosso non meno clamoroso, dunque rivelatore della cecità del potere, questo non se ne accorge.
Interpreti e personaggi: Margarita Terechova (la madre/Natalja), Filip Jankovskij (Aleksej a cinque anni), Oleg Jankovskij (il padre), Ignat Danil′cev (Ignat/Aleksej a dodici anni), Anatolij Solonicyn (lo sconosciuto), Nikolaj Grin′ko (capo reparto della tipografia), Alla Demidova (Liza), Jurij Nazarov (istruttore militare), L. Tarkovskaja (la madre da vecchia), Tamara Ogrodnikova, Jurij Sventikov, T. Rešetnikova, E. Del Bosque, L. Correcher, A. Gutierrez, D. Garcia, T. Pames, Teresa e Tatjana Del Bosque, Innokentij Smoktunovskij (voce fuori campo), Romolo Valli (voce fuori campo nella versione italiana).
H. Marshall, Andrej Tarkovskij's 'The Mirror', in "Sight & Sound", n. 2, Spring 1976.
M. Martin, Le miroir, in "Écran", n. 66, février 1978.
J.L. Cros, Le miroir, in "La revue du cinéma", n. 326, mars 1978.
J.P. Jeancolas, Notes sur 'Le miroir', in "Positif", n. 206, mai 1978.
Ph. Strick, Mirror, in "Sight & Sound", n. 2, Spring 1980.
G. Adair, Zerkalo, in "Monthly film bulletin", n. 554, March 1980.
A. Frezzato, Lo specchio, in "Cineforum", n. 193, aprile 1980.
V. Amiel, Mon fils, ou l'avenir de ma mémoire, in "Positif", n. 324, février 1988.
"Film quarterly", n. 2, Winter 1989/90, in partic. M. Dempsey, Lost harmony. Tarkovsky's 'The Mirror' and 'The Stalker'.
V. Petric, Tarkovsky's dream imagery; A. Wright, A wrinkle in time: the child, memory and 'The Mirror', in "Wide Angle", n. 1, January 1996.